VolA: dal prestito per l’ambulanza al regalo per l’ospedale di Feltre
La storia dell’associazione sanitaria di Santa Giustina, impegnatissima per soccorsi e tamponi. Il presidente: «Grazie a una raccolta fondi, abbiamo donato il macchinario per i test molecolari»

SANTA GIUSTINA
L’arancione non è solo il colore di una fascia di rischio. È anzitutto il colore della creatività, dell’armonia, ma anche del soccorso e dell’accompagnamento, della sorveglianza e della prevenzione. Per entrare a far parte della grande famiglia dei Volontari ambulanza (abbreviato in Vol. A) di Santa Giustina bisogna saperlo indossare con professionalità, dedizione e anche un pizzico di predisposizione. Il presidente Marco Deiana ad esempio, 46enne agente assicurativo a Belluno, ha messo il primo piede dentro il sodalizio anche perché «ho alcuni amici che lavorano in Pronto soccorso e più volte abbiamo parlato di questo settore».

Così, quando gli è capitato per le mani il volantino di un corso di primo soccorso, Deiana si è iscritto ancor prima di accorgersene. «La permanenza media di un volontario in associazione va di solito dai due ai tre anni: io sono entrato nel 2006, l'anno della fondazione, e non me ne sono mai andato».
Oggi Vola conta una settantina di volontari attivi perlopiù in Valbelluna, con una storia intrecciata a doppio filo con l’ospedale di Feltre, per una necessità che il servizio pubblico non riusciva più a garantire.
Ovvero?
«Avevano bisogno di aiuto per fare i trasporti secondari, ovvero le dimissioni e il trasferimento a domicilio, una richiesta forte sostenuta dai Comuni di Santa Giustina, San Gregorio nelle Alpi, Cesiomaggiore, Sospirolo e Sedico. All’epoca eravamo senza soldi, così abbiamo chiesto un prestito per comprare la nostra prima ambulanza (oggi ne hanno cinque, ndc). I bisogni sono andati col tempo aumentando, finché non hanno iniziato a chiamarci anche per i trasporti primari. Capita di intervenire anche sui luoghi degli incidenti, ma lo fanno solo i volontari più inclini e preparati. Contiamo molti pensionati, ma come per altre associazioni l’emergenza Covid ha avvicinato tanti giovani. In ogni caso l’Ulss 1, con la quale stiamo per firmare la nuova convenzione, ci supporta davvero in ogni modo, con il servizio di sostegno psicologico ma anche attraverso la centrale operativa del 118, che possiamo chiamare anche noi in caso di situazioni particolari e di gestione più complessa».
C’è stato un momento più difficile di altri?
«Se penso alla pandemia, ricordo quando durante la prima fase dell’emergenza non si trovavano mascherine da nessuna parte. Sono dovuto arrivare fino a Jesolo per comprare un po’ di FFP2 in una farmacia. All’inizio nessuno era preparato, anche perché non si sapeva che sarebbe durata così tanto e capitava di andare in casa di persone senza conoscerne lo stato di salute. La gestione dei volontari è stata davvero complessa».
E uno più bello?
«È sempre legato al lockdown. All’inizio Feltre non aveva il macchinario per eseguire i test molecolari, così facevo 16 mila chilometri in ambulanza al mese per portare tre-quattro volte al giorno i tamponi all’ospedale di Belluno. Sono andato avanti così per due mesi, partendo alle 3 del mattino e rientrando a tarda sera. Dopo un po’, però, ci siamo detti “perché non farlo anche al Santa Maria del Prato?”. Così abbiamo lanciato una raccolta fondi che ha raggiunto una cifra record: grazie alla generosità di aziende, banche e privati abbiamo racimolato 130 mila euro con cui abbiamo acquistato un macchinario in grado di analizzare oltre 20 mila test finora. C’era la gente che mi aspettava fuori dall’ufficio per darmi anche solo 10 euro, pur di contribuire».
Qual è la soddisfazione più grande?
«Sapere che senza il nostro aiuto c’è chi non saprebbe in che altro modo accedere a visite o cure. Qualche giorno fa abbiamo trasportato un uomo obeso a fare una visita. La moglie non avrebbe saputo come fare, visto che doveva scendere anche tre rampe di scale. Ci ha ringraziato in ogni modo».
Che anno vi attende?
«Tutta la parte di sorveglianza a eventi e manifestazioni l’abbiamo già data per persa, ma stiamo lavorando tantissimo con i trasferimenti sanitari e privati, tanto che ogni giorno abbiamo tutte le ambulanze fuori. Questo da un certo punto di vista è un problema, anche perché mancano i volontari: avevamo lanciato un corso che doveva terminare con la pratica e il tirocinio in pronto soccorso, però l’abbiamo dovuto interrompere per via della pandemia. Entro fine anno ne faremo un altro, perché ce n’è tanto bisogno». —
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi
Leggi anche
Video