Vandali al rifugio Venezia, danni ingenti

VODO. «Sinceramente non sono neanche arrabbiata. Delusa però sì». Sono le parole di Barbara Feltrin, dal 2007 gestore del rifugio Venezia, di proprietà dell’omonima sezione Cai e situato sul territorio di Vodo all’ombra del Pelmo. Rifugio Venezia oggetto di un vile atto di vandalismo con danneggiamenti vari, anche ingenti.. «Qualcuno continua a ripetermi che sono troppo buona, ma confermo quanto ho pensato appena arrivata al rifugio. A mio avviso non c’è stata cattiveria in quel gesto ma solo l’intenzione, evidentemente maldestra, di entrare per cercare riparo».
Indipendentemente dalle motivazioni, i danni registrati al rifugio Venezia si presentano comunque consistenti con una finestra antisfondamento divelta ed una grata di grosse dimensioni letteralmente sradicata. All’interno del rifugio non è stato toccato niente, se non una cassetta degli attrezzi da pronto soccorso da cui sono state prelevati alcuni pezzi.
«Il rifugio in inverno è chiuso», spiega Barbara Feltrin, «e poi siamo alle prese con i danni del maltempo. Abbiamo parte del tetto rovinato ed anche il camino non funziona. Forse chi è entrato ha provato ad accendere la stube per riscaldarsi». La Feltrin racconta come ha scoperto la malefatta. «Nel weekend qui su si aggira tanta gente, l’episodio dev’essere successo durante la scorsa settimana. Sono stata avvisata dai gestori del rifugio Talamini, ma anche da due signori di Zoppé. Sono corsa su ma dovrò tornarci presto per quantificare i danni e guardarmi bene intorno. Chi voleva entrare per ripararsi non si è accorto che a breve distanza c’è il bivacco. Che poi, io dico: se serviva aiuto perché non fare una telefonata? Il mio numero è pubblicato a caratteri cubitali sulla home page del sito del rifugio, bastava poco per evitare questo scempio».
La Feltrin ha prontamente sporto denuncia contro ignoti per l’atto di vandalismo registrato al rifugio Venezia ma al tempo stesso lancia un appello: «Arrivare a duemila metri per arrecare danno ad un rifugio è pura follia; anche perché, con la neve, si arriva su solo con sci da alpinismo o con ciaspe. Non ci sono tracce di motoslitte nella zona. Parliamo dunque di gente esperta di montagna, che conosce bene il territorio. Magari sono locali. A loro dico che, se avranno l’accortezza di farmi una telefonata, semplicemente per chiedere scusa, ritirerò immediatamente la denuncia. In caso contrario la vicenda giudiziaria proseguirà. Arrecare un danno ad un rifugio significa offendere la montagna e chi, con fatica e sacrifici, vi abita e lavora. Si tratta di un gesto ignobile, chi lo ha commesso dovrà risponderne alla sua coscienza per sempre». Nel frattempo, sono bastate poche ore ed alcune foto pubblicate sui social per scatenare la solidarietà del Cadore che intende aiutare Barbara a sistemare il rifugio in tempi brevi. —
Gianluca De Rosa
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