Valle Imperina, 800 mila euro per l’area delle ex miniere

Il sindaco di Rivamonte Deon: «Sono stati persi due anni dopo il disastro L’intenzione è quella di riaprire il sito al pubblico per il mese di giugno»

RIVAMONTE

Trecentomila euro a monte per rifare le scogliere a protezione del Pozzo Capitale e l’attraversamento sull’Imperina per andare alla Galleria Magni. Oltre 500 mila euro a valle per sistemare il centro visitatori del Parco (ex centrale idroelettrica). In mezzo, una viabilità rovinata che necessiterà di manutenzione e i tetti dei Forni Fusori e dell’ostello riparati con una somma urgenza subito dopo l’alluvione. Vaia nell’ex sito minerario di Valle Imperina, in comune di Rivamonte, c’è stata eccome. Ed è arrivata proprio nel momento in cui, dopo molte lungaggini, i lavori di messa in sicurezza della galleria Santa Barabara e del Pozzo Capitale e quelli di manutenzione ai forni fusori, all’ostello, all’ex Cral e ad altri edifici, stavano per essere terminati grazie ai fondi Brancher 2011.

«Stavamo finendo – dice con rammarico il sindaco di Rivamonte, Nino Deon – così, purtroppo, abbiamo perso due anni, anche perché le ditte non potevano più operare in quanto la strada di accesso da Ponte Alto era crollata».

Ora, però, si vedono microcantieri aperti: nell’edificio a fianco dei forni, nei forni stessi, nell’ex Cral, all’ostello, davanti alla Santa Barbara (serve rifare l’impianto di illuminazione distrutto). L’impresa dovrà completarli entro la primavera perché Comune e Parco intendono riaprire il sito al pubblico a giugno 2021.

«Il Parco ha ottenuto 538 mila euro dal Ministero dell’ambiente per sistemare il centro visitatori che ha in comodato e che aveva avuto danni a tetto, serramenti e parte sottostante. Verrà pure illuminato il tratto dal centro alle ex scuderie».

«Per l’uso di questo edificio, sistemato con i fondi Brancher – continua Deon – stiamo discutendo col Parco che potrebbe prenderlo in gestione e adibirne metà a deposito per le biciclette visto che qui passerà la ciclabile».

Le biciclette da sole, però, non possono salvare Valle Imperina da un anonimato in cui è finita, complici gestioni sfortunate all’ostello, recuperi tirati per le lunghe e Vaia. E non bastano nemmeno un gioiello come i forni fusori, 63 posti letto e la possibilità di entrare nella Santa Barbara. Serve sistemare tutta la valle che dall’ostello sale verso le gallerie e i pozzi. Ma serve soprattutto un piano di gestione.

«Abbiamo la valle tutta compromessa, l’anno scorso erano intervenuti i volontari della protezione civile degli alpini di Feltre a ripulire la strada ostruita dagli schianti e nelle settimane scorse è stato prezioso il lavoro dei servizi forestali. Il problema, però, è soprattutto dato dalla scogliera a ridosso del Pozzo Capitale che, prima Vaia, e poi le piogge del novembre 2019, si sono portate via».

Per la gestione, il direttivo del Parco ha stanziato 40 mila euro per affidare degli studi in tal senso su Valle Imperina e sulla Valle del Mis.

«Dobbiamo capire come far partire Valle Imperina – dice Ennio Vigne, presidente del Parco – dobbiamo arrivare a una gestione unica del pacchetto sulla base di una visione ambiziosa». —



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