Vajont 50 anni dopo: nessuna inchiesta sul "caso Chiarelli"

Nessuna inchiesta, ma un'indagine preliminare. Il procuratore Francesco Saverio Pavone ha chiesto l’acquisizione della lettera consegnata di Francesca Chiarelli. I reati infatti sono prescritti e le sentenze definitive

BELLUNO. Indagine preliminare. Non inchiesta. Il procuratore capo della Repubblica Francesco Saverio Pavone ha chiesto l’acquisizione della lettera consegnata ai giornali da Francesca Chiarelli. Nella missiva, la figlia del notaio Isidoro ha riportato alla luce la testimonianza del padre, secondo la quale la frana del Toc nel lago del Vajont sarebbe stata provocata intenzionalmente. Pavone ha fatto notare che sono passati cinquant’anni, tutti i reati sono prescritti e ci sono già state delle sentenze definitive. Tuttavia meglio vederci chiaro.

Intanto, dagli atti dell’istruttoria del processo (atti depositati all’Archivio di Stato di Belluno) emerge anche la testimonianza di Isidoro Chiarelli, il notaio con sede anche a Longarone, che si occupava dei rogiti della Sade. L’uomo fu ascoltato in fase istruttoria, ma la sua versione non venne ritenuta significativa, tanto che Chiarelli non fu mai convocato a testimoniare al processo a L’Aquila.

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