Vaccini Covid, a Belluno e provincia trenta farmacie hanno detto sì

Ma le perplessità sono tante, dalla complessità del corso di formazione alla necessaria presenza di un medico
Lo staff della farmacia di Lentiai
Lo staff della farmacia di Lentiai

BELLUNO. Sono una trentina le farmacie bellunesi, su 76 in attività, ad aver aderito alla campagna vaccinale. «Vedremo poi quanti saranno i farmacisti che potranno eseguirla. E altri comunque si possono aggiungere all’elenco», spiega il presidente dell’Ordine provinciale Alessandro Somacal, che lavora a Ponte nelle Alpi. Intanto si comincia la formazione, con un corso ministeriale on line. «Questo corso è una cosa pazzesca», protesta Adriano Zampol, farmacista di Lentiai. «Dieci ore di collegamento, 54 test per accedere al secondo step. Ma lo facciamo, ovviamente. Siamo stati coinvolti dalla Regione e dal sindacato e siamo disponibili, anche se non mancano i timori».

Il corso di formazione è solo una delle tante attività che si devono organizzare: c’è una sala da predisporre all’interno della farmacia e poi ci sono delle attrezzature di cui dotarsi. Il vaccino, infatti, dovrebbe essere somministrato dentro la farmacia, non nelle sedi vaccinali. I tempi per poter cominciare? «Vorrei saperlo anch’io», aggiunge Somacal. «Nelle farmacie si potrà fare solo il “Johnson & Johnson” che prevede un’unica dose».

Ma quanto sta accadendo proprio in queste ore sul vaccino americano aggiunge una montagna di dubbi e di incertezze. «Gli altri vaccini non si possono comunque somministrare in una struttura come la farmacia», spiega ancora il presidente dell’Ordine, «per quelli servono infatti una catena del freddo e delle operazioni tecniche che noi non possiamo eseguire. Ci vorrà tempo comunque prima di diventare operativi».

«Ho aderito a questa richiesta con tutte le riserve del caso», è la presa di posizione di Zampol, «non siamo né medici né infermieri, ma qui si tratta di mettersi a disposizione in una situazione di emergenza. Da parte mia, però, credo sia indispensabile la presenza di un medico in caso ci siano dei problemi di reazioni allergiche. E quindi non è fattibile eseguire i vaccini nella mia farmacia: non me la sento. Potrei dare il mio contributo in punti vaccinali in cui ci siano anche i medici, in occasione di qualche vax day».

Tante perplessità da parte del professionista di Lentiai, dopo un anno di lavoro molto difficile, complicato e per molti aspetti diverso da quello tradizionale. «A che punto siamo? Al punto che non sappiamo ad oggi cosa potrà succedere», spiega Athos Boco, della farmacia di via Rialdo a Belluno. «Ma ovviamente abbiamo dato la nostra disponibilità a vaccinare in farmacia. Intanto stiamo seguendo i corsi di formazione. Nella mia farmacia ho già una sala dove facciamo ad esempio gli elettrocardiogrammi. Per quanto riguarda la presenza di un medico, ho già avuto la disponibilità di diversi professionisti che si sono proposti per aiutarmi. Io non sono un medico, non ho mai fatto una iniezione in vita mia. Ma in questa situazione occorre essere pronti a darsi da fare, con sacrificio, anche con paura naturalmente. D’altra parte è la nostra missione».

Concetto ribadito dal presidente dell’Ordine dei farmacisti bellunesi, Somacal: «Le farmacie sono sempre rimaste aperte e noi siamo rimasti al nostro posto anche nel lockdown più duro, con libero accesso dei nostri cittadini, a loro disposizione. La nostra presenza capillare sul territorio in questo come in tanti altri casi è fondamentale». —


 

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi