Uno studente prova a far rinascere l’antico Solivo

Arsiè, Nicola Dall’Agnol ha mobilitato un team di architetti Stasera un incontro per presentare l’iniziativa alla gente
Di Francesca Valente

Da 300 a 30 in meno di mezzo secolo. Lo spopolamento irreversibile delle aree più periferiche dei comuni di montagna ha colpito anche Solivo, fiorente borgo di Arsiè che un tempo era abitato da oltre 300 persone, che fino agli anni Sessanta rendevano lo sbocco orientale della vallata di Grigno una ridente località agricola, contraddistinta soprattutto dalla coltivazione dell'uva e dei bachi da seta, ma anche del tabacco, del mais e dei fagioli.

Con la progressiva industrializzazione e con l'inurbamento delle aree più pianeggianti però anche l'arteria di Fastro ha cominciato a perdere pezzi. Oggi nella borgata abitano poco più di 30 persone, abbracciate da un panorama a tratti desolato, fatto soprattutto di balconi chiusi, porte sprangate e pareti che trasudano una storia che non si incontra più, dimenticata da molti, inseguita da pochi.

Come Nicola Dall'Agnol, studente di enologia a Udine di 22 anni che abita proprio là sotto, a Fastro, e che ha cominciato un viaggio alla ricerca delle proprie radici (la nonna che lo ha portato ad appassionarsi della storia di Solivo, al punto da condurre ricerche su testi storici e da mobilitare perfino i vecchi proprietari delle case per adottare una strategia comune di rivitalizzazione del borgo.

«Il mio sogno nel cassetto sarebbe di far rinascere il paese attraverso un progetto di ospitalità diffusa», afferma il giovane, «tutti mi danno del matto, ma io ci credo davvero, mi basterebbe un piccolo aiuto per poterlo fare». Si parla di «recuperare porzioni di bosco e riportarle al loro antico uso agricolo, come ha fatto l'azienda De Bacco con un vigneto, ripopolare le case, ristrutturare le fontane e i lavatoi». Insomma spalancare le finestre e abbattere gli alberi.

Dall'Agnol ci crede al punto da essersi messo in squadra con un team di architetti (Marino e Serena Guadagnini, Carlo Celotto e Agostino Cossalter) che da tempo stanno lavorando a un progetto di recupero del borgo, per creare una comune strategia di rilancio della vita nella periferia di Fastro.

«A Solivo arrivava gente da ogni parte per coltivare l'uva o crescere i bachi. Alla fine del Settecento c'era uno dei più alti tassi di immigrazione registrati nella zona», riassume il giovane studioso, «le case della borgata sono sotto la protezione delle Belle Arti di Venezia perché sono uno splendido esempio di ballatoi rurali, dove le famiglie mettevano a essiccare le foglie di tabacco e le pannocchie, assieme ai fagioli».

Solivo si divide storicamente in due parti: quella dei Mascaroni a destra e quella dei Baroni, Marin e Morini a sinistra. Fino agli anni Quaranta era attiva perfino una bottega. Le famiglie erano prevalentemente di Brandalise e Dall’Agnol: «A villa Flores una famiglia di emigrati di Solivo ha aperto un ristorante che si chiama “Mascaron Paradouro”», racconta il ragazzo entusiasta, «hanno perfino ricostruito la fontana del borgo e ridipinto la facciata della casa degli avi. È possibile che noi siamo così disinteressati alla storia dei nostri paesi?».

Per cercare di stimolare l'attenzione pubblica e informare sull'esistenza di fondi dedicati al restauro delle vecchie abitazioni e ai nuovi insediamenti agricoli, opportunità tutelata dal nuovo Piano di sviluppo rurale, questa sera alle 20.30 al casel di Soligo i quattro architetti e Dall'Agnol incontreranno la popolazione per presentare la loro ipotesi di recupero. «È un posto così bello e ricco di storia che è un peccato lasciarlo morire così».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi