Una vita nei campi e non va in pensione: «Mai versati a Inps 12 anni di contributi»

BELLUNO
Dodici anni di contributi da versare. Nilde Barp pensava di poter andare in pensione, dopo una vita di lavoro nei campi. Era sicura che Maria e Luigia Bacchetto, due sorelle proprietarie terriere, l’avessero sempre tutelata sul piano contributivo. Una verifica all’Inps e la scoperta che, almeno formalmente, dal 1982 al 1993 non è stato versato nulla. Tutto a posto, invece, tra il 1979 e il 1981 e dal momento in cui la 58enne di Mel ha cominciato a operare nella ferramenta del marito Edi Micacchioni, che nel frattempo ha cessato l’attività. Marito e moglie si sono rivolti prima al patronato Inac e poi all’avvocato Giorgio Azzalini di Dolomiti Legal.
Le Bacchetto sono morte e hanno lasciato tutto in eredità alla parrocchia. Possibile che non abbiano pagato niente, in tutti quegli anni? Non mancava la disponibilità economica e non sembrava difettare nemmeno la volontà: «Eppure c’è questo vuoto contributivo, fra l’altro prolungato», sottolinea Azzalini, «esiste un libretto colonico, un quaderno scritto a penna con le entrate e le uscite e abbiamo la prova che qualche versamento c’è stato nel 1991 e nel 1993 con dei bollettini postali, ma questo non basta a chiamarli contributi. Abbiamo bussato a tutte le porte possibili, ma non risulta nulla e chissà dove sono finiti i documenti che ci servirebbero».
Non è l’unico caso in provincia, tanto meno a livello nazionale. Che ipotesi si possono fare? «Quello che pensiamo noi è che tutto sia andato perso nel momento in cui lo Scau, che era il Servizio contributi agricoli unificati, è stato assorbito dall’Inps, l’Istituto nazionale della previdenza sociale. Prima esisteva una gestione separata dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, che è stata soppressa e dal 1995 se ne occupa l’Inps. Vorremmo sapere dov’è la sede romana dello Scau, perché è lì che potremmo trovare la soluzione del nostro problema. L’alternativa è rivolgersi ai nostri parlamentari, perché è davvero impensabile intentare una causa nei confronti dell’Inps. Non avrebbe la minima possibilità di successo, anche perché le ricevute che abbiamo non sono la prova degli avvenuti versamenti. Detto questo, dovrebbe essere sempre lo Stato ad aiutare i cittadini e non viceversa».
Edi Micacchioni si era rivolto allo sportello, per conoscere la propria posizione e ne ha approfittato per verificare quella della moglie, che avrebbe dovuto a sua volta andare in pensione, nel giro di poco tempo: «Questo risale a due anni fa, con la differenza che, mentre io ho potuto lasciare il lavoro e chiudere il negozio, la mia signora dovrebbe lavorare fino al 2032, perché le mancano quei 12 anni. Negli ultimi tempi, aveva lavorato con me e questo risulta, ma in precedenza non ci sarebbero stati versamenti o, comunque, non figurano».
È possibile che ci sia stata un’eccessiva fiducia nell’ente previdenziale oppure si sia verificato un grossolano errore materiale: «Qualche responsabilità possiamo averla anche noi, nel momento in cui non abbiamo fatto tutte le verifiche necessarie, ma pensavamo che fosse tutto a posto, anche se non era indicata la cifra dei contributi. Impossibile che io possa riaprire l’attività per altri dodici anni, tenuto conto che ho versato 150 mila euro all’Inps, per ricevere indietro soltanto delle briciole». —
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