Una città «confinata» e con quartieri differenti tra loro

L’architetto Luigi Snozzi della scuola ticinese durante il convegno a Belluno
L’architetto Luigi Snozzi della scuola ticinese durante il convegno a Belluno
Una Belluno del futuro, vista attraverso la creatività di alcuni giovani architetti e le soluzioni proposte dagli studenti del quinto anno dell'Itis "Segato", chiamati a ridisegnare alcune porzioni critiche della città. E l'autorevole intervento del professor Luigi Snozzi, architetto neo-razionalista della scuola ticinese (con Mario Botta, Aurelio Galfetti e Livio Vacchini). Si è svolto su queste direttrici, mercoledì pomeriggio in sala Bianchi, il convegno Vivere Belluno.  Ad aprire i lavori Arnelio Bortoluzzi, presidente del Forum per l'architettura, che ha parlato della necessita di riportare la gente e i giovani in centro, recuperando i vani inutilizzati. Il sindaco Prade ha sostenuto che «Belluno non è una città in degrado, ma in trasformazione. Una volta era fondata sul terziario burocratico, oggi parliamo di terziario avanzato che guarda al turismo».  Nella prima parte del convegno vi sono stati anche gli interventi introduttivi del presidente dell'Ordine degli architetti bellunesi Alessandro Sacchet, Noè Zanette di Quaderni bellunesim che ha ripercorso le vicende del centro città, definendo "un tradimento" il progetto di Ascom di spostare fuori del centro la sede, «così come fu tradimento l'aver autorizzato i centri commerciali fuori del centro. Oggi i negozi in città sono per la metà in franchising», ha detto Zanette, «che altro non è che la moderna mezzadria». Lidia Rui ha parlato della sfida dell'abitare oggi nel centro. E il presidente dell'Ordine degli ingegneri Piergianni Da Rold ha posto l'accento sull'importanza della sicurezza delle abitazioni, per evitare il rischio di situazioni come quelle accadute a L'Aquila, dove il centro è destinato a rimanere deserto.  Da Rold è entrato nel vivo della materia spiegando le modificazioni avvenute nel tempo a Belluno, delimitata a nord dalla ferrovia, che fino al 1866 terminava alle scuole Gabelli, e a sud dal Piave. «Non sappiamo più costruire città», ha detto, «abbiamo edifici di qualità, ma non abbiamo saputo creare gli spazi». La proposta è quella di utilizzare la ferrovia come metropolitana di superficie.  Il professor Snozzi ha sottolineato l'esigenza di essere in grado di porre dei limiti alla crescita della città per salvare la campagna. «La crescita a dismisura verso la campagna è uno dei mali attuali», ha detto l'architetto ticinese. «Così facendo, consumiamo tutte le risorse a chi verrà dopo di noi. E' inutile costruire quartieri nuovi con indici bassi di edificabilità». Secondo l'idea che ha Snozzi della città, «il centro storico sta in buon rapporto con la parte nuova, se quest'ultima riesce ad assumere una sua identità. E quindi devono crearsi agglomerati con caratteristiche diverse, quartieri ben riconoscibili. Più sono divisi per la loro identità e più i quartieri sono vicini».  I giovani architetti bellunesi hanno quindi presentato quattro progetti realizzati nel workshop Plan4Water (progettare l'acqua) Interreg 4 incentrati sull'area del Piave. Elisa Beordo ha illustrato un sistema di isole sulla zona di Lambioi. Gianluca Parcianello ha proposto la pedonalizzazione della Panoramica, con aggiunta di mensole e parco urbano. Enrico Bortoluzzi ha presentato un avvincente progetto di un ponte abitato, su zattere. L'idea di Giorgia Sogne e Fulvio Bona è stata quella di liberare dalle auto via Mezzaterra e S. Maria dei Battuti con una scala mobile e parcheggi lungo l'Ardo. L'architetto Francesco Palma, infine, ha presentato l'elaborato dei suoi allievi dell'Itis sull'ex fonderia dell'istituto, trasformata in una moderna libreria sul modello di quella di Amsterdam.

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