«Un gelato per rincuorare i bimbi», parla la famiglia centrata da un masso

Masso atterra su un’auto: sfondato il tetto, ma un’intera famiglia è salva. Il distacco di un grosso pezzo di roccia, da almeno 40 centimetri per 30, si è verificato ieri pomeriggio, sulla regionale 203 Agordina, all’altezza della centrale idroelettrica Enel della Stanga, nel territorio di Sedico. Sensazioni molto complicate da raccontare e una paura addirittura impossibile da dimenticare per Andrea Farnè alla guida, la moglie Elisa sulla poltrona del passeggero e i figli Alessandro di 10 anni e Adele di sei sul divano posteriore.
Turisti padovani di Abano Terme, che avevano passato il fine settimana ad Alleghe e stavano tornando a casa con una coppia di amici, che li precedeva di alcuni metri. C’erano due bambini anche a bordo dell’altra macchina. Tra la vita e la morte, una questione di centimetri: se invece di cadere sul tettuccio del suv Volkswagen Touran bianco, la pietra fosse finita sul parabrezza sarebbe stata una strage. Puoi anche non avere la fede religiosa, ma tra gli scampati c’è subito chi ha pensato a un aiuto di Sant’Antonio. Poteva toccare anche all’altro nucleo familiare.

Un’ora precisa è scolpita nella mente di tutti: le 15.30 di un pomeriggio piovoso. Non c’è tutto questo gran traffico sulla strada che collega Agordo a Sedico, ma nessuno sta correndo. Non è tanto questione dell’autovelox di Candaten, però l’asfalto è viscido e soprattutto ci sono i bambini.
Lo schianto di ritorno da Alleghe
A bordo Farnè, che di professione fa l’osteopata ed è il titolare del centro servizi per il benessere Punto Salute di Abano sta viaggiando alle spalle della Kia Ceed degli amici e non ci sono problemi fino alla storica centrale in galleria. È in quella zona che improvvisamente i quattro non vedono arrivare il masso, ma sentono un rumore terrificante: «Un botto tremendo», ricorda Farnè, «che ha effetti devastanti sulla carrozzeria della macchina. Il tettuccio si piega verso l’interno sopra la testa di mia moglie e i bambini alle sue spalle sono spaventatissimi. Capiamo che siamo appena stati colpiti da una grossa pietra del peso di almeno 20 chili, meno male che ci rendiamo anche conto del fatto che non solo siamo vivi, ma non ci siamo fatti niente. Il montante ha resistito in qualche maniera e questa è una fortuna, perché dietro c’era mio figlio Alessandro. Ho fatto ancora qualche metro, prima di accostare in una piccola piazzola ed è qui che abbiamo avuto la piena consapevolezza che eravamo ancora interi e nessuno di noi era ferito».
Dopo l’allarme, sono arrivati i vigili del fuoco, l’ambulanza e i carabinieri, oltre al personale di Veneto Strade, che è l’ente gestore della via di comunicazione. Non c’era bisogno di cure e i sanitari del 118 hanno potuto rientrare all’ospedale, mentre pompieri, militari e tecnici si sono trattenuti più a lungo per le prime indagini. L’autovettura è stata, in qualche maniera rattoppata e il viaggio è ripreso. Lungo la strada, la certezza sempre più pesante di aver rischiato la vita per una gita in montagna.
Pizza e gelato per i bambini
Piangono i bambini. Terrorizzati da quello che è appena accaduto. Il fine settimana in montagna era stato sereno e divertente, l’abitazione di Abano Terme non si vedeva neanche in lontananza, ma c’è stato il rischio di non arrivarci mai. Papà Andrea e mamma Elisa fanno anche l’impossibile per tranquillizzarli e forse basta anche solo una promessa: «Pizza farcita e due palline di gelato a testa», sottolinea Farnè, «offro io, ci mancherebbe altro. È andata bene, nonostante il grave pericolo che abbiamo corso. L’importante è essere qui, ancora tutti insieme».

I cartelli stradali caduta massi non mancano sulla regionale 203 Agordina e ci sono anche quelli che chiamano in causa la selvaggina vagante, ma evidentemente non bastano gli interventi già eseguiti da Veneto Strade: «Mi sento di dire che bisognerà per forza fare qualcosa di più», osserva l’osteopata padovano con un tono da sopravvissuto, «amo tanto la montagna e tornerò senz’altro da queste parti, ma vorrei garanzie in più, sul piano della sicurezza. Quello che è successo a noi poteva accadere a chiunque. Questione di momenti e sarebbe toccato a chi ci stava davanti oppure dietro. Non possiamo prenderci rischi di questo genere».
Spavento anche ad Alleghe, dove sono arrivate la notizia e le foto via whatsapp: «I ragazzi erano partiti da qui alle 14.45 e tre quarti d’ora dopo ho capito che abbiamo rischiato di perderli», sospira Ettore Bordin, «è andata bene, fortunatamente». —
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