Tutto è iniziato a Tambre con il terremoto

ALPAGO. Crolli di case e ponti, strade e comunicazioni interrotte, danni alle reti energetiche e agli acquedotti, scuole evacuate, persone intrappolate sotto le macerie. Uno scenario apocalittico quello che si è presentato ieri mattina ai soccorritori che hanno partecipato all’esercitazione Nord Est 2013, voluta dal Dipartimento nazionale della Protezione civile.
Sono le 7.30 del mattino quando una violenta scossa di terremoto (5.8 della scala Richter), con epicentro a Tambre, fa scattare l’emergenza in tutto il Bellunese e mette in moto la macchina dei soccorsi in tutto il Veneto. Primo ostacolo al loro coordinamento la mancanza della rete telefonica mobile e fissa, messa fuori uso dal sisma. Il sistema di Protezione civile comunale cerca di ovviare al problema mettendo in campo le comunicazioni Tetra (sistema radio in uso alla Polizia locale). Le prime azioni dei sindaci riguardano la tempistica e le modalità di attivazione dei Centri operativi comunali (Coc), dei Centri operativi misti (Com) e del Centro di coordinamento dei soccorsi (Ccs), attivato all’aeroporto di Belluno sotto la guida della Prefettura. Nel frattempo da Venezia e Verona si muovono le unità appartenenti alle colonne mobili delle cinque province venete illese a favore delle province di Belluno e Treviso, colpite dal sisma. Scattano anche le procedure per il trasporto dei materiali e dei mezzi, dalle cucine da campo alle autobotti e ai generatori fino ai bagni mobili. A Tambre arriva pure una barca con un motore fuori bordo.
Sempre a Tambre, verso le 9.30, arriva anche il prefetto di Belluno per incontrarsi con il sindaco Oscar Facchin. Nel paese alla porte del Cansiglio si registrano, infatti, i danni più gravi. Il municipio è inagibile e il Cco viene prima allestito in un edificio vicino e, poi, ulteriormente spostato alla piscina comunale, nei pressi del campo sportivo. La ricognizione alle frazioni denuncia crolli parziali degli edifici fronte strada, con conseguente interruzione della circolazione. Le scuole non crollano, ma vengono rapidamente evacuate, mentre a Valdenogher crolla una parte del campanile, così come il ponte del Maina sulla strada che collega Tambre a Borsoi. Tra la popolazione si conta qualche ferito grave e altri feriti in modo più leggero si presentano spontaneamente nei punti di ricovero attivati dalle squadre di volontari in tutti e sei i Comuni afferenti alla medesima area (c’è anche Ponte nelle Alpi).
Ma anche negli altri Comuni l’emergenza mette a dura prova il coordinamento delle azioni. A Puos d’Alpago, sede del Com, crollano una ventina di edifici con 250 sfollati nell’area di ricovero di Sitran ed è interrotta la strada per Bastia. A Chies d’Alpago risultano isolati l’abitato di Alpaos e San Martino, crollati numersosi edifici, con alcuni feriti sotto le macerie, e il ponte di Lamosano. A Farra d’Alpago crolla il municipio e il Coc viene allestito nella sede del Gruppo Alpini al campo sportivo dove il sindaco Floriano De Pra accompagna in perlustrazione una task-force di ingegneri e tecnici inviati dal Dipartimento della Protezione civile regionale. Risulta crollato il ponte sul Tesa insieme a una ventina di edifici e quasi 500 persone vengono indirizzate alle tendopoli di Farra, Spert e Santa Croce. A Pieve d’Alpago in sofferenza anche le stalle, rimaste senza acqua e corrente elettrica, si contano inoltre una decina di crolli di edifici, viene chiusa la strada per Tignes e 190 persone vengono ricoverate nei punti previsti dal Piano comunale.
Alle 12.30 viene decretata la fine dell’emergenza e il ripristino delle comunicazioni ordinarie. L’«incubo» è finito, si aprono le cucine da campo per rifocillare i volontari.
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