Turismo diffuso in baita a Lamon risposta tiepida

LAMON. Parte il progetto “Baite in rete” su iniziativa dell’associazione Turismo Lamon, presieduta da Daniele Bottegal, che ha riscontrato l’interesse crescente per un turismo semplice e abbordabile. E che farebbe nascere cosa da cosa, cioè l’affitto della baita adattata allo scopo e ceduta a rotazione, nel periodo primaverile ed estivo, potrebbe creare ricadute anche sulle attività di ristorazione dell’altopiano.
«Dall’ultimo incontro con la popolazione in cui si sono spiegati i vantaggi di mettere a disposizione case inutilizzate o sottoutilizzate di proprietà dei cittadini, si è avuta una risposta tiepida, al momento», spiega il presidente Daniele Bottegal. «La gente ha bisogno di tempo per metabolizzare questa opportunità. Come associazione, noi invece andremo avanti con le nostre iniziative che sono quelle di valorizzare le baite, di cui almeno tre a Le Ei e un paio ad Arina, utilizzate solo per brevi periodi dai proprietari. Sarebbe conveniente, e mi pare che in tal senso ci sia una buona risposta, creare una rete di baite a disposizione del turista che non cerca grandi cose, se non quel minimo di comfort e il contatto con l’ambiente e la natura. Già nel vicino Tesino, anni fa si è lanciata un’iniziativa analoga che ha dato buoni frutti».
L’operazione per il rilancio turistico basato anche sull’ospitalità diffusa, è nata dalla consapevolezza delle potenzialità di Lamon, rispetto anche ai Comuni limitrofi. «Il turismo che si cerca a Lamon è fatto di cose genuine, concrete. L’associazione ha pensato di proporre questo turismo alternativo e portare a livello anche la formazione. Adesso ad esempio abbiamo avviato un corso di enogastronomia per migliorare le conoscenze di settore. Per questo già abbiamo collaborato e continuiamo a farlo, con EffeStudio di Feltre, che già ci ha aiutato ad organizzare formazione di settore per gli iscritti all’associazione. Adesso questi corsi sono estesi all’intera comunità lamonese, se come si spera ci sarà l’adesione».
Sull’opportunità di affittare le case che i proprietari non utilizzano stanzialmente, la popolazione è ancora scettica. «Non abbiamo fatto un censimento, in base al riferito dei proprietari, sulla percentuale di case inutilizzate», conclude Bottegal. «Quello che possiamo ipotizzare è che un 30 per cento di abitazioni chiuse, potrebbero essere nella condizione di essere affittate. Ma non è nelle nostre intenzioni fare pressing sui potenziali locatari. Più che altro, tenderemo a lanciare il sasso e a ritrovarci, nell’ambito di una prossima riunione, già prevista per il periodo autunnale».
Laura Milano
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