Tante incognite per il pranzo di Natale: «Ok il delivery, ma non salverà i conti»

Bon Tajer, agriturismo San Siro e Tana de l’Ors si organizzano per l’asporto. L’Acero Rosso di Vodo pensa di restare chiuso

BELLUNO

Scartato, riscaldato, sofferto e sudato. Il Natale che verrà servito sulle tavole dei bellunesi di quest’anno avrà il sapore amaro di un giorno condito da incertezze e restrizioni, dove in molti cercheranno di affogare ansie e paure in un buon bicchiere e un bel piatto, magari seduti al ristorante, sicuramente con le persone più care. Non tutti i ristoranti però saranno aperti il 25 e 26, per motivi diversi basati su disagi comuni.

OCCASIONE LOCKDOWN

Per la famiglia Paganin, titolare del Bon Tajer di Lentiai, il lockdown di marzo è stato l’occasione per sistemare l’azienda agricola. Tutto sommato l’estate «è andata meglio delle aspettative, grazie soprattutto agli italiani» e ha permesso di recuperare le mancate presenze della primavera, sia ai tavoli, sia tra i 16 posti letto dell’agriturismo, ma la quasi totale assenza di turisti stranieri ha scavato il solco della voragine che si è poi spalancata con l’arrivo dell’autunno. «Per il pranzo di Natale ci stiamo organizzando per la prima volta col delivery e da quando è partita la pubblicità il riscontro è buono». Contrariamente a quanto si può pensare, anche se il ristorante tiene la sala chiusa non risparmia molto, perché ci sono le spese di cucina e trasporto, oltre che i mancati incassi di bere e coperti, ad esempio. «Non abbiamo grandi pretese, vogliamo solo uscire da questo momento nel modo più indolore possibile. Penso sia la speranza di tutti i nostri colleghidella ristorazione».

ALLA PROVA DEL DELIVERY

Janine Frison e Ivano Strappazzon dell’agriturismo San Siro in valle di Seren, invece, hanno attivato il delivery già con la prima ondata, ma «l’assurdità è che tra marzo e maggio ha funzionato, mentre ora no». Stranezza nella stranezza, i menù di Natale stanno andando a ruba.«Cercheremo di accontentare più persone possibile rispettando i confini comunali», nonostante valgano solo per gli spostamenti dei privati e non per le consegne a casa. «La nostra proposta di degustazione ha solo portate fresche quindi dobbiamo calcolare bene aperture e trasporti per riuscire a rientrare nei costi».

SOLIDARIETÀ VALLIGIANA

In Val di Zoldo ci sono piccole strutture ricettive chiamate “garnì” prive di cucina. Ecco allora che per salvare l’economia zoldana dal collasso, alcuni ristoranti come la Tana de l’Ors, stanno organizzando un servizio di catering per gli ospiti anche di altre strutture, visto che la locanda dei fratelli Alessandro e Fabrizio Votta conta pure cinque camere. Il vantaggio della Tana poi è che ogni stanza è dotata di angolo cottura, perciò «chi decide di dormire qui è autonomo», anche nella scelta di scendere al ristorante per mangiare. «Siamo un’attività prevalentemente serale e dovremo fare per forza l’asporto a cena, anche per continuare a dare lavoro ai nostri dipendenti, da cui dipendono dieci famiglie». Fortunatamente per Alessandro «le richieste iniziano ad arrivare e dovremo partire dalla sera di Natale. Mi piace essere ottimista: la gente arriverà, deve solo capire che non può muoversi in comitiva».

NATALE A RISCHIO

Il gestore dell’Acero Rosso di Vodo, Aldo Molon, ha una lunga esperienza nel settore, ereditata anche da parte dei genitori, ma mai aveva affrontato un momento così delicato: «Ci hanno fatto chiudere dopo un inverno memorabile e ho dovuto licenziare i dipendenti per dare loro la disoccupazione. Non ero in grado di anticipare la cassa integrazione». Una situazione difficilissima, in parte sanata dal 10 giugno (riapertura estiva). «Ci siamo un po’ ripresi, sapendo che quel che era perso non poteva essere recuperato, anche perché dallo Stato ho ricevuto soltanto 3500 euro di indennizzi, con spese che di fatto non si sono mai azzerate, nemmeno con la chiusura totale del locale». Anche per l’Acero il servizio è soprattutto serale ma «qui delivery e take away non funzionano. Oltretutto a Vodo siamo tre ristoranti e una pizzeria: che senso avrebbe aprire sotto le feste con i confini chiusi tra i comuni?». Ecco allora che per Molon si profila la scelta più difficile. «Se le condizioni non cambieranno, credo che a Natale resterò quasi certamente chiuso». —

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