Sospeso ed “esiliato” il primario Dalle Mule

di Marco Filippi
PIEVE DI CADORE
Jacopo Dalle Mule, 64 anni, il primario del reparto di cardiologia dell’ospedale di Pieve di Cadore, indagato per peculato, truffa aggravata ai danni dello stato e interruzione di pubblico servizio, è stato sospeso dal suo incarico. Ad un mese esatto dall’interrogatorio-fiume reso in tribunale dal professionista, il giudice delle indagini preliminari Aldo Giancotti ha accolto la richiesta del pubblico ministero Antonio Bianco, applicando sul cardiologo una doppia misura cautelare: la sospensione dal servizio ed il divieto di dimora nel comune di Pieve di Cadore per il pericolo di reiterazione del reato. Con lui è indagata anche la moglie, Lieta Arrigoni, per concorso nel reato di truffa.
Liste disattese. Sono pesanti le accuse che i militari della Guardia di Finanza, coordinati dal pubblico ministero Antonio Bianco, contestano al medico bellunese che avrebbe fatto del pubblico reparto di cardiologia dell’ospedale di Pieve una “dependance” dei suoi ambulatori privati. Se un paziente che vuole sottoporsi ad una visita cardiologica all’ospedale di Pieve, prenotandosi al Cup (Centro unico per le prenotazioni sanitarie), deve attendere in media 5 mesi, un paziente che si rivolgeva privatamente al dottor Dalle Mule riceveva l’appuntamento in un paio di settimane. La visita, però, non avveniva in uno dei suoi due ambulatori privati di Belluno o Domegge ma all’interno della struttura pubblica durante il normale orario di servizio e senza alcuna autorizzazione dell’Usl 1. Nel 2006 il medico aveva infatti aveva rinunciato al rapporto di esclusiva con l’Usl optando per la cosiddetta “extra moenia”. Ciò nonostante, secondo le indagini, il primario ogni giorno riusciva a piazzare in media 3 o 4 pazienti privati durante le visite pubbliche, rallentando notevolmente la sua attività nel reparto di cardiologia.
Tariffe con sconto. I pazienti privati del primario si presentavano in reparto, a volte loro stessi ignari della procedura non regolare. Fornivano i propri dati e se le infermiere facevano presente che il loro nome non era inserito nella lista d’attesa, loro replicavano con tranquillità che erano lì per una visita privata già prenotata col primario. Il prezzo per una visita privata era fissato in 130 euro. Se poi il paziente rinunciava alla ricevuta fiscale il primario concedeva uno sconto di 30 euro. Nelle impegnative dei clienti privati il primario indicava le esenzioni dai ticket. Ma qualche volta capitavano degli inconvenienti come quando un paziente, che aveva pagato privatamente, sollevò una questione perché le infermiere lo avevano invitato ad andare a pagare il ticket all’ufficio cassa ospedaliero.
La collaborazione dei colleghi. Nelle indagini che hanno portato alla sospensione del primario Dalle Mule dalla sua attività sanitaria sono state decisive le testimonianze dei colleghi e delle infermiere del reparto di cardiologia di Pieve di Cadore che hanno spiegato agli inquirenti i retroscena delle visite private nella struttura pubblica. Significativo è il fatto che in alcune impegnative dei clienti privati del medico, le infermiere annotavano le presunte irregolarità. In calce ad un’impegnativa, per esempio, per un’elettrocardiogramma, un’infermiera scrive: «Il paziente, non in appuntamento, si presenta allo sportello per un appuntamento dato dalla moglie del primario verso le 12». In un’altra impegnativa per una generica visita cardiologica si legge: «Il paziente al momento di andarsene dichiara di aver pagato 100 euro al primario». Tutti documenti che la Guardia di Finanza ha sequestrato e saranno usati come prove contro il cardiologo in dibattimento.
L’escamotage. Nonostante fosse perfettamente al corrente di essere indagato, nel periodo successivo alla perquisizione del 28 settembre scorso, in casa e negli ambulatori pubblici e privati, il primario Dalle Mule avrebbe continuato, in qualche occasione, ad accogliere pazienti privati nel reparto di cardiologia dell’ospedale di Pieve. Usando un’escamotage: per “bypassare” la lista d’attesa avrebbe consigliato ai pazienti privati di presentarsi al pronto soccorso dell’ospedale per manifestare l’urgenza del loro caso. In realtà, poi, gli stessi pazienti, sentiti dai militari delle Fiamme Gialle, avrebbero ammesso l’insussistenza dell’urgenza.«Ciò che preoccupa di più - hanno sostenuto il colonnello Francesco Mora ed il maggiore Francesco Sodano della Guardia di Finanza - è la gestione personale del reparto ed il danno alla collettività».
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