Si è spento a Belluno il genetista Luigi Luca Cavalli Sforza

Belluno e l'Italia intera dicono addio a Luigi Luca Cavalli Sforza, genetista di fama internazionale. Si è spento a Belluno a 96 anni.
Celebre per avere gettato le basi della genetica delle popolazioni e per avere dimostrato l'infondatezza scientifica del concetto di razza umana, fu anche un grande divulgatore scientifico. Era sposato con Alba Maria Ramazzotti, nipote di Dino Buzzati, e allievo del fratello di Dino, Adriano Buzzati Traverso.
La sua carriera scientifica era cominciata in Gran Bretagna, e fin dagli anni '50 è proseguita fra Italia, dove insegnava nell'università di Pavia, e gli Stati Uniti, nell'università di Stanford.
Dopo aver studiato a Torino alla scuola di Giuseppe Levi, come prima di lui avevano fatto Rita levi Montalcini, Salvador Luria e Renato Dulbecco, Cavalli Sforza aveva cominciato la sua carriera scientifica nell'università di Pavia con il pioniere della genetica italiana, Adriano Buzzati Traverso.
Era l'epoca in cui i geni erano ancora entità da definire, comprendere e misurare e anche grazie al fascino di queste ricerche Cavalli Sforza aveva seguito Buzzati Traverso in Germania e poi nell'Istituto di Idrobiologia di Pallanza.
I suoi colleghi ricordano Luigi Luca Cavalli Sforza come un uomo di grandi vedute e un ricercatore a tutto tondo, animato da un'enorme curiosità che lo aveva portato a studiare tanto la biologia quanto la statistica, discipline molto diverse che riuscì a conciliare nel suo impegno nelle ricerche sulla genetica delle popolazioni, dai primi studi condotti in Italia, sull'Appennino parmense, fino alle ricerche in Africa.
Aveva approfondito queste ricerche nell'università di Stanford per oltre 20 anni ed era rientrato in Italia solo nel 1994, fermamente intenzionato, aveva detto, a lottare contro «l'inerzia e la lentezza della ricerca italiana». Stare in Italia gli piaceva e qui intendeva portare avanti le ricerche storiche sull'origine delle popolazioni, che definiva «importanti per comprendere i meccanismi dell'evoluzione e l'adattamento culturale».
Presto avrebbe osservato, però, che la ricerca italiana era ancora ferma ai livelli di 30 anni fa, con «poco denaro e mal distribuito». Aveva comunque scelto di continuare a lavorare in Italia e le sue ultime ricerche lo avevano portato ad affermare che il concetto di razza è soltanto culturale e che non è dimostrato da nessuna base genetica. Oltre al confine tra le razze Cavalli Sforza si è preoccupato di abbattere anche quello tra cultura scientifica e umanistica, facendo dialogare discipline diverse, come genetica, matematica, archeologia e linguistica, allo scopo di ricostruire il primo atlante genetico del mondo.
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