Senza presidente niente direttore: il Parco è a rischio commissariamento

FELTRE
Senza il presidente, ora salta anche il direttore. Tra 12 giorni (il 4 marzo) Antonio Andrich terminerà il suo mandato quinquennale alla guida tecnica del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, ma in assenza della nomina ministeriale del successore di Benedetto Fiori (attesa dal lontano 14 luglio 2015), l’ente resterà senza braccio, oltre che senza testa, come peraltro sta capitando anche ad altri omologhi in giro per l’Italia.
TUTTO BLOCCATO
L’impasse a cui il ministero dell’Ambiente e le Regioni competenti stanno condannando alcuni dei 25 Parchi nazionali (delle Foreste Casentinesi, del Gargano, dell’Appennino Lucano tanto per citarne alcuni), istituiti per proteggere gli ecosistemi dallo sviluppo umano e dall’inquinamento ambientale, è ad oggi inspiegabile. La Comunità del Parco bellunese, riunitasi ieri, ha provato invano a darsi una risposta. Anche perché le rassicurazioni erano giunte non più tardi di fine ottobre, quando la sottosegretaria leghista per l’Ambiente Vannia Gava era venuta in visita a Feltre per rassicurare amministratori e consiglieri locali sullo sblocco tempestivo, sollecitandoli però a presentare i tre nomi da sottoporre al ministero per procedere al conferimento dell’incarico. Presto fatto: Ennio Vigne, Fabio “Rufus” Bristot e Franco Zaetta (attuale vicepresidente). Proposta inviata, ma decreto ancora non pervenuto.
PRIMA IL PRESIDENTE
Non è necessario che il direttore sia nominato in accordo con il presidente, ma nella sua ultima seduta il consiglio direttivo del Parco ha deciso di rallentare l’iter (che prevede l’individuazione di 3 nomi dalla rosa dei 54 candidati che hanno preso parte all’apposito bando pubblicato ad agosto), forse anche con l’intento politico di forzare la mano e dare una svolta. Andrich ha fatto in modo di lasciare una situazione quanto più in ordine, già immaginando lo stallo. Anche gli uffici si sono attrezzati per portare avanti l’ordinario senza direttore, ma saranno in grado di farlo per sei mesi al massimo. Poi l’epilogo è ovvio: non resterà che il commissariamento. La mancanza del presidente e del direttore comporta inconvenienti sotto ogni punto di vista, dalla mitigazione dei danni causati dalla tempesta Vaia alla gestione idrogeologica e delle riserve naturali, fino all’accorpamento dell’ex Ufficio territoriale per la biodiversità all’arma dei carabinieri.
LA COMUNITÀ INSORGE
Incalzato dall’assemblea, Franco Zaetta (il cui mandato da vice scadrà a maggio) si lascia andare a uno sfogo: «Io non ho l’autorevolezza di un presidente nominato dal ministro dell’Ambiente, ma la Comunità si deve rendere conto che sta subendo un trattamento indecoroso. Questa situazione sta diventando ingestibile, siamo nel caos più totale. A questo punto la politica dica chiaramente che non vuole più aree protette, non solo nelle Dolomiti ma in tutta Italia. Anche la politica locale non si è dimostrata realmente interessata, intendo a nessun livello. Non posso più giustificare questa faccenda: speriamo che la scelta venga assunta quanto prima. Il commissariamento vanificherà la funzionalità riacquisita con tanta fatica negli ultimi anni. Il Parco era tornato operativo e lo dimostrano dati, numeri e risultati illustrati nel rendiconto di quest’anno». —
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