Scuola, 300 in corteo contro la riforma di Renzi

BELLUNO. «La buona scuola non si fa così, di serie A e di serie B». Cantavano anche questo gli studenti che ieri sera in corteo hanno manifestato contro il disegno di legge del governo Renzi, che intende riformare proprio la scuola. In 300 tra insegnanti, sindacalisti e una manciata di studenti si sono radunati pian piano sul piazzale della stazione, muniti di piccole e colorate torce al led e fischietti e poi verso le 20.30 si sono mossi sotto lo sguardo vigile delle forze dell’ordine. Ad aprire il corteo i ragazzi che con i loro slogan hanno animato una manifestazione che rispecchiava perfettamente la mortificazione dei docenti alle prese con un ddl che «vuole toglierci la dignità di fare il nostro mestiere».
Il corteo si è mosso lentamente attraverso le strade pressoché deserte del centro cittadino passando per via Loreto e piazza dei Martiri. «Lavoro, diritti, dignità per una scuola di qualità», intanto urlavano gli studenti. E poi ancora: «La scuola è nostra e ce la riprendiamo». Alla fine il popolo della scuola è arrivato in piazza Duomo dove sono iniziati gli interventi. «Stiamo attenti, perché far passare questa legge significa firmare una delega in bianco al governo che potrà così decidere della nostra vita, dei nostri soldi, del nostro modo di insegnare», ha lanciato l’allarme un insegnante a cui ha fatto eco il rappresentante della Gilda, Livio D’Agostino che ha definito una «bomba ad orologeria questo ddl che consegna al governo delle deleghe in bianco che nei prossimi 18 mesi, prima che scada il mandato legislativo, porterà alla revisione del Testo unico della scuola che contiene il nostro lavoro, dall’orario alle classi ai plessi», ha detto D’Agostino ricordando che proprio nelle ore della manifestazione si stava decidendo in Parlamento la sorte di migliaia di docenti e ricordando come «staremo bene attenti a chi voterà a favore della riforma perché per noi saranno ineleggibili».
Gli interventi dei docenti si sono focalizzati sul senso di una riforma che «di buono ha poco o nulla, e che anzi contribuirà a far regredire l’istruzione aprendo invece al clientelismo con il grande potere attribuito ai presidi», dice Anna, insegnante di scienze umane al Catullo. A “scottare” di più il fatto che si parli anche di valutazione dei docenti da parte dei dirigenti e di un comitato formato da genitori e studenti: «Noi vogliamo essere giudicati ma non a queste condizioni. Prima di valutare noi, sarebbe opportuno che venga valutata l’alta burocrazia del Ministero, una vera e propria casta», dice Emilio Da Rold docente di italiano e storia al serale del Catullo «grazie alla Gelmini», sottolinea, annunciando che non potrà aderire alla “passeggiata illuminante” perché deve andare ad insegnare. Parla di docenti come di «sudditi» anche Marina Castagner, assistente tecnico (Ata) in una scuola di Vittorio Veneto, facendo notare che gli Ata nemmeno sono nominati all’interno del ddl insieme con i docenti delle scuole materne che si sono detti davvero preoccupati per il loro futuro. Il sindaco di Cesiomaggiore, Michele Balen, anche lui in corteo, propone che siano «gli enti locali a giudicare l’operato dei presidi», a cui fanno eco le consigliere comunali Patrizia Burigo (docente) e Simonetta Buttignon che chiedono «che siano i nostri ministri ad essere sottoposti a verifica». «Chiediamo rispetto per il nostro lavoro e nel valore costituzionale della scuola pubblica e il rinnovo del contratto perché il nostro stipendio è più basso delle paghette dei nostri alunni», conclude Loredana della scuola primaria.
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