Scacco al vincolo paesistico in due mosse

Il Comune prepara il percorso per chiedere al ministero una revisione del decreto che tutela l’intero territorio

FELTRE. Il vincolo paesaggistico mette d’accordo tutti. In municipio e ai piedi del colle, fino alle frazioni più periferiche, non c’è più nessuno disposto a spendere anche solo una parola in difesa di quel decreto del ministero che dal 1998 riconosce “notevole interesse pubblico” a tutto il territorio della città, tutelando perfino le abitazioni più brutte e gli angoli più insignificanti. Così, dopo dieci anni di proclami inutili, il Comune ha deciso di chiedere una revisione del decreto. Perché difendere le aree e gli edifici pregiati va bene, ma i feltrini non possono essere condannati in eterno a passare per i labirinti delle autorizzazioni anche soltanto quando devono tinteggiare la facciata di casa o allargare il garage di mezzo metro.

Le strade individuate dall’assessore all’urbanistica Luciano Perco - ripetutamente sollecitato dai cittadini negli ultimi mesi - sono due e saranno illustrate oggi pomeriggio in seconda commissione consiliare, dove si aprirà il dibattito su una richiesta di riduzione del vincolo presentata da Giulio Zallot (Altra Feltre). «La prima soluzione è nota a tutti perché su quella strada si era già mossa, qualche anno fa, l’amministrazione Brambilla», spiega Perco. «Si tratta di definire un piano paesistico che individui e disciplini le aree di tutela, ma solo quelle effettivamente delicate. Poi è chiaro che questo piano non può scavalcare il decreto del ministero, che ha una gerarchia più alta. Però con questo strumento in mano si può chiedere al ministero di revocare il vincolo, perché sotto ci sarebbe uno strumento in grado di garantire tutela alle zone pregiate del nostro territorio». È la strada più semplice e offrirebbe al Comune due vantaggi: la possibilità di scegliere autonomamente - almeno nella fase iniziale - i confini delle aree da proteggere. E la garanzia di trovare più facilmente un consenso a Roma perché questa mossa dimostrerebbe che la città non vuole semplicemente liberarsi del vincolo ma vuole ridimensionarlo alla luce degli scompensi che in quindici anni il provvedimento ha causato. Ma c’è anche un’alternativa, un piano B: «Potremmo semplicemente rivolgerci al ministero e chiedere una revisione del vincolo», prosegue l’assessore all’urbanistica, «e quindi lasciare che le scelte siano fatte a Roma, tramite la soprintendenza e gli altri uffici decentrati. In questo modo i tempi sarebbero più brevi, ma non avremmo il controllo di tutti i passaggi. E comunque sotto il profilo politico e amministrativo la nostra posizione sarebbe indebolita». Cosa fare, come e in quanto tempo: se ne parlerà oggi in seconda commissione. Ma il tema è caldo e l’interrogazione presentata da Zallot ha trovato subito larghi consensi anche tra i cittadini, stanchi di lunghe e noiose trafile per gli interventi più banali. Nonostante i precedenti poco incoraggianti (in tanti hanno proposto di eliminare il vincolo ma non si è mai andati oltre i propositi e gli slogan), questa sembra essere la volta buona. Ma sui tempi è meglio non farsi illusioni: difficilmente il traguardo sarà raggiunto prima di un anno. «Un piano paesistico ce l’abbiamo già», conclude Perco, «ma è allo stato di bozza e dev’essere aggiornato, integrato, rivisto. Ci vorrà comunque del tempo». Ma negli uffici del settore urbanistica si lavora alacremente, assicura Perco, che promette soluzioni in tempi rapidi per alcuni nodi della pianificazione territoriale, a cominciare dal destino di 64 nuclei rurali che devono essere ancora riclassificati. Per finire con il “principe” dei piani di intervento, quello del centro città.(cric)

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