San Martino di Erto, rinasce la piccola chiesetta spazzata via dall'onda del Vajont

ERTO. La frazione di San Martino di Erto è un gruppo di case lungo e sopra la strada 251, in fondo alla valle del Vajont. Ha in tutto tre abitanti che ancora restano a presidiare le case della parte alta, d'estate qualcuno di più. Domenica 8 ottobre 2017, a 54 anni dalla tragedia del Vajont, almeno un centinaio di abitanti di Erto, gente di Cimolais, sindaci e amministratori provinciali e regionali si sono ritrovati per assistere alla posa della prima pietra della chiesetta di San Martino, che verrà realizzata su progetto dell'architetto Carla Sacchi.
La chiesa non è mai stata ricostruita e non sarà rifatta com'era. Ma dov'era sì. A lato della strada, salvando le pietre che sono rimaste e costruendoci attorno una struttura moderna di acciaio e vetro sul modello della chiesetta.
La chiesa di San Martino era antichissima, del 1500, ricca di preziose opere d'arte, amatissima dagli abitanti del luogo, circondata da case che l'onda del Vajont si è portata via, insieme con la chiesa.
Si è parlato molto di memoria, durante la breve cerimonia e benedizione della pergamena che sancisce l'avvio del cantiere. Uno dei tre abitanti di San Martino è Carlo Pezzin, classe 1932. Lavorò alla costruzione della diga, fino a quanto, finito il manufatto, venne licenziato, come gli altri. Aveva fatto di tutto, durante gli anni del cantiere, carpentiere, minatore, ferraiolo. Finito la diga, partì per Milano dove iniziò a lavorare e dove lo raggiunse la notizia che la frana e l'onda si erano portate via tutto. Quattro morti nella sua famiglia, compresa la fidanzata. Dopo tanti anni di lavoro fuori dalla valle, è tornato a vivere a San Martino. Lui ricorda bene come era la sua frazione.
Ricordi vivi anche per Mauro Corona, che all'epoca aveva dodici anni, e che era presente alla posa della prima pietra della chiesetta. Ricordi dell'ultimo matrimonio celebrato lì, nel 1962, dell'osteria a due passi, della vivacità della piccola ma popolata frazione.
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