Safilo choc, l’azienda annuncia mille licenziamenti

La decisione è stata comunicata ai sindacati in un drammatico vertice nella sede di Padova: «Colpa della perdita della licenza Armani». Cgil, Cisl e Uil al contrattacco: «Gestione discutibile»

PADOVA. Mille licenziamenti, mille famiglie sul baratro. La mazzata era in qualche modo attesa dopo il divorzio da Armani, la cui licenza da sola è arrivata a pesare per il 20% del fatturato di Safilo, colosso dell’occhialeria. Ma ieri pomeriggio, quando l’amministratore delegato del gruppo olandese, Roberto Vedovotto ha pronunciato il verdetto, più di un sindacalista è stato visto lacrimare: mille esuberi nei vari stabilimenti italiani di Safilo su un organico di 3.300 lavoratori.

Mille che si aggiungono ai 518 già allontanati l’anno scorso dal gruppo, in particolare dal sito di Martignacco, in Friuli. Lo shock è stato terribile per i segretari regionali di categoria dei sindacati, per i leader provinciali e per i delegati di tutti gli stabilimenti convocati dall’azienda ieri nella sede di Padova. Un incontro iniziato alle 14,15 e durato fino alle 18, al termine del quale le tre confederazioni hanno diramato un comunicato congiunto e l’azienda, da parte sua, una stringata nota. Per Safilo oltre a Vedovotto erano presenti il capo del personale Alessandro Visconti e il direttore della produzione Maurizio Roman.

Un massacro. E di fronte al massacro la rabbia lascia spazio alla paura, prima ancora che al dolore. Una paura che i sindacalisti sentono tutta dentro, comprensibilmente. Cosa andranno a raccontare ai lavoratori già da lunedì prossimo, quando a Longarone si terrà la prima delle assemblee programmate? Vista la situazione senza precedenti per le nostre zone, hanno deciso di chiudersi nel silenzio, conoscono la suddivisione dei licenziamenti, ma non lo possono dire ancora apertamente. Eppure la Cisl aveva già messo in qualche modo in conto il rischio di un dimezzamento dell’organico (1.200 dipendenti) nello stabilimento di Longarone.

E Paolo Da Lan, della Uil bellunese, già l’autunno scorso era stato, suo malgrado, triste profeta: «Se Armani divorziasse da Safilo sarebbero guai seri per il nostro tessuto sociale. Si sta giocando una partita che potrebbe significare il rilancio di un gruppo storico come Safilo oppure la sua messa a rischio del tessuto produttivo bellunese, friulano e padovano. Al sindacato che segue queste aziende cominciano a tremare i polsi». Era il 22 settembre. Il 16 novembre “re Giorgio” firma la condanna di Safilo: Armani a fine 2012 tornerà da Luxottica, gruppo che aveva lasciato sbattendo la porta nel 2002 ma portando con sè una quota del 4,95% che non ha mai voluto cedere.

Le vecchie ruggini sono superate oggi e Armani, prima di scegliere il nuovo partner, forse deve avere riflettuto anche sul calo del suo fatturato. La società padovana, se così possiamo ancora chiamarla dopo che la famiglia Tabacchi ha ceduto il controllo agli olandesi di Hal, ha subito lanciato quello che il linguaggio finanziario chiama “profit warning”, il segnale cioè dato alla comunità degli analisti finanziari di un possibile peggioramento dei conti. Del resto la sola licenza Armani pesa per 170 milioni di euro, il 20% del fatturato del gruppo, ma il 35% della produzione “made in Italy”. L’allarme lanciato prevedeva una riduzione dei ricavi tra i 150 e i 200 milioni nel 2015. Si è aggiunta poi la crisi del mercato internazionale ed ecco spiegato l’impatto violento, traumatico che l’addio di Giorgio Armani ha avuto su Safilo. Inutile è stata la volontà di acquisire l’americana Polaroid per creare un portafoglio di marchi di proprietà complementare a quello dei marchi in licenza che va assotigliandosi. Certo l’azienda guidata da Vedovotto ha espresso la volontà di «cercare tutte le possibili soluzioni per la migliore gestione degli esuberi e la tutela dei lavoratori che rimarranno».

Il 28 maggio inizierà la serie di incontri tecnici di approfondimento tra le parti, ma già la settimana prossima Safilo intende aprire la procedura di mobilità che il sindacato ha chiesto di bloccare. «Iniziando nel contempo un confronto sulla situazione generale del gruppo», si legge nel comunicato e chiedendo «un nuovo piano industriale ed economico». Obiettivo primario è la tutela dei lavoratori in esubero. È stato dichiarato poi subito lo stato di agitazione in tutti gli stabilimenti del gruppo con il blocco immediato degli straordinari e di qualsiasi altra flessibilità oraria. «Assieme ai lavoratori», conclude la nota «saranno decise tutte le iniziative da adottare per la tenuta economico-sociale dei territori interessati».

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