Safilo, 500 in marcia sull’Alemagna innevata contro i licenziamenti

Sfidando il maltempo i lavoratori della fabbrica di Longarone hanno manifestato tutta la loro rabbia per i 400 tagli previsti, ribadendo la volontà di non mollare

LONGARONE. Cinquecento in marcia per dire no al taglio di 400 dipendenti. Hanno sfidato il gelo, la neve che scendeva copiosa e il traffico della 51 di Alemagna le centinaia di lavoratori della Safilo di Longarone che ieri mattina dalle 8 alle 10 hanno manifestato per dimostrare la rabbia contro i licenziamenti previsti dai vertici aziendali e per ribadire la loro unità in una battaglia che si preannuncia molto dura.

Chi in corriera, chi in auto, chi dalle terre alte, chi dal Trevigiano: la maggior parte dei lavoratori della fabbrica di occhiali si è ritrovata davanti ai cancelli nella zona industriale longaronese dove i sindacati di categoria, insieme con le segreterie confederali, avevano già allestito un piccolo gazebo con thermos di thé e piatti di panettoni e pandori.



I manifestanti

Ieri era previsto uno sciopero di otto ore e un presidio in tutti gli stabilimenti italiani del gruppo. Tra i manifestanti, quindi, c’erano anche i rappresentanti di altre aziende, prime tra tutte l’Acc di Mel che tra due mesi rischia la chiusura e il licenziamento di 285 persone. «Siamo qui per dare solidarietà ai nostri colleghi», hanno detto le rsu. «Martedì sono stati loro a venire alla nostra mobilitazione, oggi tocca a noi, purtroppo. Soltanto con l’unità si ottengono i risultati».

Ma c’erano anche rappresentanti della rsu di Luxottica Agordo, della Safilo di Martignacco che chiuderà a gennaio, lasciando a casa 250 dipendenti, i sindaci di Ponte nelle Alpi Paolo Vendramini, di Calalzo Luca De Carlo nella sua duplice veste di parlamentare di FdI, il primo cittadino di Longarone e presidente della Provincia, Roberto Padrin, il deputato del Pd Roger De Menech e la segretaria provinciale dei democratici Monica Lotto.



Il corteo

Pian piano il corteo, intorno alle 9 ha iniziato muoversi con in testa i politici e dietro i lavoratori di Safilo con gli striscioni, tra cui uno dedicato espressamente ai colleghi friulani e alla situazione drammatica in cui si troveranno a vivere il Natale. E poi tutti gli altri manifestanti. Un lungo biscione colorato e rumoroso di 500 persone che, sotto il controllo della polizia che ha bloccato il traffico garantendo la sicurezza, ha percorso parte della zona industriale di Villanova per poi risalire sulla statale 51 di Alemagna, a quell’ora ben trafficata. Il percorso doveva essere breve, ma poi i politici e i sindacati hanno chiesto di allungarlo un po’, non senza qualche contrarietà del capo di gabinetto della Questura.

«Abbiamo bloccato la statale», ha detto Mauro De Carli, segretario della Cgil dal megafono, «per protestare contro un piano aziendale indegno, che impone centinaia di tagli pesanti e devastanti che vanno a privare l’azienda di tanti lavoratori. Stentiamo a credere che una fabbrica possa resistere in queste condizioni. Questa è una bellissima giornata di lotta». Intanto l’azienda ha ritirato la cena di Natale dopo che i dipendenti hanno riconsegnato l’invito.

I timori per il futuro

E anche se l’essere uniti ha avuto il potere di far dimenticare per poco tempo le incertezze per il futuro, i timori restano tutti. «Siamo all’olocausto», dice una impiegata che poi si rivolge ai manager «presenti, passati e futuri: “Non si può guadagnare sulla pelle dei lavoratori». «Pensavo di essere in una botte di ferro», dice un’altra che lavora in Safilo da 31 anni, «invece ci è arrivata una batosta incredibile. Pagare meno il prodotto, come l’azienda vuole fare, significa portare tutto all’estero», è il suo timore. «Nel 2009 eravamo qui a protestare con lo stesso freddo e con la stessa ansia per un altro taglio. Ma da allora non è cambiato nulla, anzi i timori sono aumentati», dice un’altra. «Qualcuno si muova per garantirci uno stipendio degno di tale nome quando saremo in cassa», urla Vania da 28 anni a Safilo. «Quel contributo aggiuntivo ai salari del 20% che veniva dato per le casse ora non c’è più. Il governo lo rimetta, perché non si può dire che a mille euro al mese siamo sulla soglia della povertà, quando andando in cassa ne prendiamo 800. Che vita dignitosa potrà mai essere?».



Mario Filarini e Stefano Grandelis della rsu Safilo sono preoccupati. «È una catastrofe annunciata», dicono, «con l’uscita di Dior e Gucci, era immaginabile arrivare a questo punto. E se anche Kering se ne va non avremo futuro». E poi rivolti a Thelios, l’azienda che potrebbe assorbire parte degli eventuali esuberi e magari acquistare quel che resterà della Safilo, ma che fa dei giovani la sua filosofia, dicono: «Le battaglie si vincono con il vigore dei giovani ma anche l’esperienza dei vecchi. Lo Stato attui una politica industriale seria se vogliamo uscire da questa situazione. Non si può trasformare l’Italia e questo territorio in una terra di conquista».

«Dobbiamo essere uniti e cercare di essere positivi, forti anche della nostra professionalità, che dovrebbe essere tutelata», dice Carla da 30 anni a Safilo. «Se questi tagli si faranno, lo spopolamento sarà inevitabile», dice Stefano, 55 anni di cui 29 nella fabbrica di occhialeria. «Senza uno stipendio che futuro possiamo garantire ai nostri figli?». —


 

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