Ripescato in fondo al lago di Imer: era stato processato e assolto

Il promotore finanziario bellunese Renato Menel era scomparso tre anni fa dopo una denuncia
BELLUNO.
L’hanno prima cercato, poi denunciato, radiato dall’albo dei promotori finanziari, quindi processato e infine assolto (per prescrizione del reato) finché l’altra notte l’hanno trovato in fondo al lago dello Schener, dove era rimasto nel frattempo, dentro la sua Renault Megane vecchio tipo, con la chiave ancora inserita nel cruscotto e i finestrini aperti perché l’acqua potesse entrare più velocemente nell’abitacolo e farla finita in fretta: nessuna confidenza, nessuna telefonata, nessun biglietto d’addio. Ora può riposare in pace.

 E’ stato suo malgrado protagonista delle cronache degli ultimi tre anni Renato Menel, 57 anni al tempo della disgrazia, il promotore finanziario bellunese, che nel tardo pomeriggio del 17 gennaio 2007 salutò un amico in zona passo Cereda, al confine tra il Primiero e l’Agordino e scomparve nel nulla. Parlarono del tempo, per l’esattezza della neve: «Ce n’è poca» disse Menel, che era appena passato da Forcella Aurine a 1.300 metri di quota, poi salì in auto diretto verso casa ma giunto nella gola dello Schener si fermò in una piazzola e con qualche difficoltà riuscì ad infilare l’auto nello stretto spazio tra due guard-rail e mettere il cambio in folle per lanciarsi nel lago. Dov’è rimasto fino a giovedì alle ore 23.

 Quella che segue non è più la cronaca della sua vita, ma di quelli che l’hanno cercato lanciando appelli a “Chi l’ha visto”, ipotizzando (giustamente) gesti disperati o fughe volontarie con i soldi (pochi) che i suoi clienti gli avevano affidato. Aveva qualche problema con i clienti perché, invece di investire i loro risparmi, li aveva spesi o persi, questo lo può sapere soltanto lui.

 Strano processo quello che si celebrò a Belluno il 6 ottobre del 2008 con Menel sul banco degli imputati, quand’era invece morto in fondo al lago. Tipicamente italiana la sentenza: assolto per la prescrizione del reato, troppo tempo era passato da quel 2002 in cui si era appropriato (questa l’accusa) dei soldi di un risparmiatore bellunese. Non erano mica grandi cifre, qualche decina di migliaia di euro, tutto qui, ma anche la disperazione è relativa: c’è chi sopporta sulla coscienza il peso di bottini milionari e ingiustizie spaventose e chi - privo di pelo sullo stomaco - decide di farla finita per molto meno. Menel apparteneva alla seconda categoria, lui che era finito “ricercato” sui giornali, con quella foto in cui indossava l’amato cappello d’alpino che gli garantiva la fratellanza di migliaia di colleghi e l’orgoglio di essere vice presidente della sezione Ana bellunese.

 Uno tra gli ultimi a vederlo fu l’albergatore di San Martino di Castrozza Attilio Taufer: «Sembrava tranquillo» dichiarò. Si dice sempre così, prova che non siamo in grado di leggere veramente cosa c’è negli occhi e nel cuore di un amico. Lo dissero anche tutti gli altri: «Sembrava tranquillo». Lo chiamarono per giorni al cellulare che risultava sempre “spento” o “irraggiungibile”. Controllarono le carte di credito e i conti correnti che Menel - naturalmente - non ebbe mai la possibilità di utilizzare. Verificarono che l’ultima chiamata era avvenuta nella valle del Piave, ma i carabinieri non fecero molto affidamento su questo indizio visto che in seguito furono in molti a vedere Menel sulle strade del Primiero. Compreso il sindaco di Imer - anche lui alpino - che riconobbe l’amico osservando nello specchietto retrovisore l’auto che lo seguiva.

 Spiegano gli investigatori che l’acqua - prima o poi - restituisce sempre i corpi che si prende. E’ andata così anche questa volta, con i tecnici della diga che hanno svuotato il bacino per la manutenzione e un pescatore che ha dato l’allarme dalla riva quando ha visto riemergere il tetto dell’auto. Nelle redazioni dei giornali c’era il suo nome - Renato Menel - annotato su quelle lavagnette che i giornalisti usano per ricordare gli scomparsi. Una delle tante storie misteriose che di mistero - ora lo sappiamo - aveva poco.
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