Profughi nella caserma Calvi: è una possibilità, ma per ora non serve

Il viceprefetto vicario De Rogatis chiarisce che «al momento il Bellunese è già a ranghi completi». L’edificio interessa anche al Comune: «Se venisse chiuso vorremmo il diritto di prelazione»
Pieve di Cadore, 14 luglio, Tai, la caserma militare Pier Fortunato Calvi
Pieve di Cadore, 14 luglio, Tai, la caserma militare Pier Fortunato Calvi

PIEVE DI CADORE. Riflettori puntati sulla caserma di Pieve di Cadore. Uno stabile che è nei pensieri della Prefettura, impegnata in questi mesi nella delicata gestione dell’emergenza profughi, e nel cuore del Comune di Pieve di Cadore. «Se la caserma venisse dismessa vorremmo che fosse assegnata a noi» spiega il sindaco Maria Antonia Ciotti.

Un edificio chiacchieratissimo, soprattutto nelle ultime settimane. Le voci intorno alla caserma spaziano da una sua prossima chiusura - da qui l’interesse del Comune di Pieve ad acquisire lo stabile - ad un suo utilizzo per l’accoglienza dei profughi. «Quella di utilizzare le caserme è un’ipotesi che gira da tempo» spiega il viceprefetto vicario Carlo De Rogatis, «è una possibilità che sarà vagliata solo in caso di estrema necessità. Al momento non ce n’è bisogno, non siamo in questa situazione». Ma è meglio arrivare preparati alle incognite del futuro: le Prefetture venete hanno vagliato diverse possibilità, tra queste anche l’utilizzo delle caserme. Nel Bellunese si è parlato proprio di quella di Pieve di Cadore. «Sia ben chiaro» specifica De Rogatis, «averne parlato non significa che sia stata inserita in una lista per il ricovero di profughi». Non è solo una questione di «estrema necessità». «Il Bellunese è già a ranghi completi» spiega il viceprefetto vicario, «non sono quindi previsti nuovi arrivi e fino a che i numeri saranno questi non è necessario vagliare nuove ipotesi». I profughi nel Bellunese sono circa 170, qualcuno in più del numero concordato a livello regionale sulla base della popolazione. In altre parole, la provincia è già al completo.

«Non mi meraviglia che si stiano vagliando queste ipotesi» commenta il sindaco di Pieve di Cadore Maria Antonia Ciotti, «vista l’emergenza in atto. Personalmente credo che i profughi dovrebbero essere spalmati in diversi Comuni ma solo dopo aver definito protocolli condivisi, ad esempio per farli lavorare. La nostra esperienza era stata positiva, li abbiamo impiegati in diversi modi e si sono sempre comportati bene».

L’accoglienza dei migranti nella caserma di Pieve di Cadore non è però l’unica incognita per il futuro dello stabile. «C’è l’ipotesi che la caserma venga chiusa» spiega la Ciotti, «si tratta solo di voci, al momento non c’è nulla di certo. Ma nel caso questa ipotesi venisse confermata il Comune di Pieve di Cadore vorrebbe esercitare il diritto di prelazione sullo stabile. Abbiamo dei progetti che vorremmo realizzare e la caserma Calvi sarebbe perfetta per quello scopo. D’altra parte è uno dei motivi per cui Pieve di Cadore è conosciuta da migliaia di persone in tutta Italia».

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