Post coronavirus. "I kit monouso per gli artigiani creeranno una montagna di rifiuti"

Katia Filippin, parrucchiera a Castellavazzo, solleva molte perplessità sui sistemi da adottare alla ripresa del lavoro

Gianluca Da Poian / BELLUNO

Va bene la salute. Ma all’ambiente chi ci pensa? La parrucchiera Katia Filippin, titolare del “Classic & Rock Style” a Castellavazzo vuole condividere alcuni dubbi e preoccupazioni, riguardanti la fase 2 e il conseguente adeguamento che tutti i saloni dovranno attuare per la riapertura.

«Ho 22 anni di esperienza nel campo», spiega la Filippin. «La mia categoria è in stand by da settimane e i fornitori stanno facendo un gran lavoro per permetterci di ripartire, appena sarà possibile. Gli adeguamenti, obbligatori o meno, per ora alcuni sono indicati come “consigli”. Cosa prevedono? Kit monouso da fornire ai clienti: guanti, mascherine, kimono, gel igienizzanti, cartellonistica su sanificazione e motti positivi, frecce a terra per indicare le distanze e il percorso da fare, asciugamani monouso, visiere, mantelle taglio monouso, sterilizzatori ad ultravioletti, spray virucidi e disinfettanti, ionizzatori per l’aria. Una montagna di roba, non trovate? Ebbene, guardando un passo avanti, io tutto questo lo vedo nella sua forma finale: rifiuti».

«Una mole di rifiuti che non riesco a quantificare in meno di un bancale a settimana, senza dimenticare costi di acquisto e di smaltimento. Mi domando: non posso invitare i miei clienti a portarsi due asciugamani da casa? Mascherine e guanti: ma come? Non è obbligatorio uscire di casa indossando tali protezioni? Perché dovrei fornirli io? Non siamo tutti allo stesso modo obbligati a provvedere responsabilmente alla nostra e altrui igiene e sicurezza?».

Secondo la Filippin ciò porterà a ritoccare verso l’alto i listini prezzi, «e non è detto che d’ora in poi tutti possano usufruire con la stessa frequenza dei nostri e molti altri servizi. La necessità di tagliare i capelli resterà e prevedo un esponenziale aumento del lavoro nero, in case che accoglieranno amici e parenti per farsi i capelli in comunella e a basso costo».

L’analisi continua. «Dal 2013 è stato abolito l’obbligo del libretto sanitario per i parrucchieri. Chissenefrega se respiri sostanze chimiche, se a forza di stare in piedi, lavare, tagliare, tingere, decolorare, arricciare, stirare e phonare capelli hai il gomito del tennista, l’artrosi, la dermatite, l’asma e chissà che altro, l’importante è sterilizzare gli strumenti di lavoro e mantenere pulito l’ambiente. Poco conta se puoi tagliarti le dita mentre lavori e puoi correre il rischio di prendere chissà quale malattia. Spero sinceramente di non essere l’unica a porsi queste domande e mi auguro che le scelte in merito vengano prese tenendo conto di tutti i fattori regressi e futuri. In particolare, sull’incidenza imponente che le nostre decisioni potranno avere nei confronti di un problema già mortale e autoprodotto chiamato inquinamento». —

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