Più sicuri in montagna, arrivano le App

Sempre più fondamentali per localizzare le persone in difficoltà, ma il 93 per cento dei feriti soccorsi è senza assicurazione

BELLUNO. Anche un’applicazione può salvare la vita in montagna. O meglio, lo ha già fatto, ricoprendo un ruolo fondamentale nella localizzazione delle persone ferite o in difficoltà.

La conferma è arrivata sul campo, con decine di casi risolti grazie a Georesq, l’applicazione per telefonini e altri device mobile scaricabile (a pagamento) dall’omonimo sito Internet, gestita direttamente dal Soccorso alpino e capace di individuare in pochi istanti, con scarti di pochi metri, la posizione del richiedente aiuto.

Non solo App, comunque. In dotazione al Soccorso alpino c’è anche il sistema “Sms Locator”, che attraverso l’invio di un semplice messaggio riesce a sfruttare le caratteristiche degli smartphone, permettendone anche in questo caso l’individuazione geografica. «Le nuove tecnologie si stanno rivelando importanti anche negli interventi di soccorso, specialmente nel ridurre i tempi di individuazione del richiedente aiuto», spiega Alex Barattin, delegato del Soccorso alpino Dolomiti Bellunesi. «Negli ultimi mesi, da quando cioè tale tecnologia è entrata in pianta stabile nel nostro protocollo per la ricerca delle persone, i risultati sono stati decisamente positivi. Soprattutto nei soccorsi notturni o in condizioni di visibilità non ottimale. Ma attenzione, non basta installare un app sul telefonino per poter fare quello che si vuole. Anche perchè le App, come il sistema “Sms Locator”, quest’ultimo in fase di ottimizzazione, lavorano con copertura di rete, sfruttando il traffico dati e in montagna non sempre troviamo la copertura».

Ma se da una parte le nuove tecnologie consentono di ridurre (sensibilmente) i tempi di intervento dei soccorritori, dall’altra restano le vecchie (e cattive) abitudini degli escursionisti una delle principali cause di incidente. Abitudini confermate anche in una domenica da “bollino nero” come l’ultima: abbigliamento ed equipaggiamento inadatti, imprudenza, scarsa preparazione fisica e logistica sono ancora una triste costante tra chi affronta le Dolomiti.

Senza contare che, almeno in Italia, le assicurazioni non sembrano contemplate nel vocabolario degli “amanti della montagna”: stando al rapporto sul 2015 del Soccorso alpino regionale, infatti, delle 958 persone complessivamente soccorse in Veneto nel 2015 solo il 7 per cento aveva sottoscritto una polizza assicurativa. «Dato in linea con quello bellunese», l’analisi di Barattin, «dove su 811 persone soccorse da noi nel 2015 ben 756 non erano assicurate: non solo con il Cai o con Dolomiti Emergency, proprio nessuna forma assicurativa».

Un dato che, analizzato assieme alle cause che hanno originato gli 884 interventi effettuati sul territorio regionale (sempre nel 2015) dagli uomini del Soccorso alpino, conferma come l’imprudenza resti il primo “peccato” commesso dagli escursionisti. «Le statistiche parlano chiaro: l’imprudenza è una costante negli incidenti che richiedono un nostro intervento», conferma il dato Alex Barattin, delegato provinciale del Soccorso alpino Dolomiti Bellunesi, forte di un organico di 473 volontari operativi (ai quali si aggiungono 25 aspiranti in fase di formazione) distribuito su 20 stazioni (18 in provincia di Belluno, due sulle Prealpi trevigiane). «La gente, purtroppo, sottovaluta la montagna e le difficoltà che si possono incontrare, non si informa sul meteo, non consulta le cartine, pensa che indossare uno scarpone tecnico basti per poter andare ovunque. Ma non è così. E ultimamente abbiamo riscontrato un’altra pessima abitudine da parte di molti: c’è troppa gente che abbandona i sentieri, cercando magari scorciatoie o vie alternative. È pericolosissimo, sono già troppi gli incidenti causati da questa cattiva pratica».

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