Perse un piede sulla gru ma ha delle responsabilità

Ponte nelle Alpi. Parlano i consulenti sull’incidente sul lavoro alla Buzzi Unicem Simili le conclusioni sulla base dell’assenza di una scaletta e dei cancelli chiusi
Di Gigi Sosso

PONTE NELLE ALPI. La scaletta non c’era. Non per caso. I due cancelli erano chiusi con dei lucchetti. Non per caso. Perché quell’operaio è salito sulla gru a carroponte della Buzzi Unicem di Cadola, finendo per rimetterci un piede? Avrebbe potuto fare l’operazione con un controllo remoto, invece che con la tastiera impolverata della cabina e tornare a casa tutto intero. Nella penultima udienza del processo per lesioni personali colpose al responsabile del cementificio Massimo Veglia, hanno parlato i consulenti di accusa e difesa e sono arrivati a conclusioni simili, in base ai rilievi dello Spisal. La discussione il 12 novembre, con la sentenza del giudice Cristina Cittolin.

La consulenza per conto del pubblico ministero Sandra Rossi è stata svolta da Andreas Melinato. Quel giorno del 2009 il carroponte era in una fase di manutenzione straordinaria e si stavano facendo delle prove. Un allineamento a uno dei due cancelli, che l’operaio doveva annullare con un semplice comando. È un dipendente con mansioni di capo con le necessarie esperienze e capacità, ma rimarrà intrappolato lo stesso con un piede, che dovrà essere amputato. Quando è stato liberato, l’arto era compromesso. L’infortunato era in una situazione di pericolo, sopra delle macchine in movimento. Una posizione raggiunta con un’imbragatura e non attraverso la più comoda scaletta o i due cancelli: non c’era ed erano chiusi con il catenaccio. Questo al di là del fatto che nessuno abbia sentito la cicalina, che avverte quando la macchina si mette in moto. Sentito dal difensore dell’imputato Mario Gebbia di Torino, il consulente ha ammesso che l’uomo è andato in una zona pericolosa, ma avrebbe potuto non andarci. Non c’era alcuna necessità.

Il perito della difesa Alberto Giulietta è stato anche più sintetico. Secondo lui, è stato questo addetto a decidere di arrampicarsi fin lassù, quando avrebbe potuto benissimo fare la stessa operazione da terra, tenuto conto anche delle scelte compiute dall’azienda. Quanto al segnale sonoro, non era indispensabile, perché non è che tutte le volte che si parte con l’auto si dia un colpo di clacson. Detto che Buzzi Unicem è difesa dall’avvocato Giovanni Lageard, ieri sostituito da Giulia Brunelli, a novembre si dovrebbe arrivare alla sentenza.

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