«Pensavamo fosse tutto regolare»

BELLUNO. «Noi pensavamo che tutto avvenisse alla luce del sole. Quando la Guardia di Finanza ci notificò le misure cautelari, ci cadde letteralmente il mondo addosso». È questa la linea difensiva degli imputati di secondo piano del maxi-processo della “Gd Consulting”, la società d’intermediazione finanziaria italo-svizzera che ha bruciato più di cinquanta milioni di euro, tra risparmi e fondi in nero, di oltre cinquecento clienti.
L’udienza di ieri, la quindicesima, è stata riservata agli interrogatori di tre imputati che hanno voluto sottoporsi alle domande del pubblico ministero Antonio Bianco e delle difese. Si tratta di Pietro Cerutti, 70 anni, il commercialista svizzero della General Dinamics di Lugano, Franco Todeschini, 54 anni, e la feltrina Emanuela Deola, 39 anni (per quest’ultima l’interrogatorio continua la prossima udienza, fissata per il 27 marzo).
Il commercialista svizzero ha spiegato di aver iniziato nel 2003 il suo rapporto di lavoro con la General Dinamics, la società gemella svizzera della Gd Consulting italiana, gestita sempre da Gianpiero Addis Melaiu. Cerutti era il revisore delle 42 società svizzere di Addis Melaiu. «Eravamo tutti convinti - ha spiegato Cerutti - che le operazioni finanziarie con la società londinese che investiva i soldi dei clienti nel Forex fossero regolari. Non solo perché la General Dinamics Sa superò i controlli della “Deloitte” ma anche perché Addis Melaiu pagava regolarmente le tasse sulle provvigioni incassate dal broker londinese».
Cerutti, pressato dalle domande del pubblico ministero Bianco, ha spiegato: «Io pensavo avvenisse tutto alla luce del sole. Solo dopo che mi arrestarono capii che qualcosa non andava. A posteriori ho cercato di capire quale fosse il meccanismo irregolare. E cioè che a Londra non confluivano tutti i soldi raccolti ma solo una parte e che i rendiconti fossero falsi. Le tasse, quindi, venivano pagate per importi superiori a quelli effettivamente incassati dal broker».
È iniziato anche l’interrogatorio della feltrina Emanuela Deola, che fu assunta da Bortolotto e soci nel gennaio 2005. L’imputata (difesa dall’avvocato Raffaella Mario), punto di riferimento dei clienti prima a Pieve di Soligo e poi nella sede di Conegliano, ha sostenuto di essere stata una sorta di “segnalatrice” di cliente più che di promotrice finanziaria. «Io non avevo alcun potere d’iniziativa. Segnalavo i clienti alla Gd - ha spiegato - ma poi i soldi li raccoglievano Bortolotto e De Grandis. Non avevo assolutamente una preparazione finanziaria e quando proponevo ai clienti di investire i loro soldi nei prodotti della Gd usavo un linguaggio tecnico imparato a memoria». Deola aveva un pacchetto di 10-15 clienti, con oltre un milione di euro investiti.
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