Palio, due quartieri in testastop per quattro cavalli
Nella notte del Palio svettano l’Aquila bicipite di Port’Oria e il Corno d’oro di Santo Stefano, con 14 punti. I due quartieri si dividono gli onori dopo le prime due gare, con un successo e una terza piazza a testa. Dietro, altrettanto appaiati, Castello e Duomo, con dieci punti

FELTRE.
Il sabato del Palio vive nel nome di Massimiliano Corso, l’atleta di Duomo recentemente scomparso. A lui va la dedica della staffetta di Santo Stefano. E’ Paolo “Picchio” Zanolla a ricordare l’amico. «Abbiamo dato tutto per onorarlo. E’ lui che mi ha insegnato a correre. Grazie Max». Gli staffettisti corrono nel nome dell’atleta del Duomo, con il lutto al braccio, mentre su piazza Maggiore sventola una foto gigante di un sorridente e scanzonato Massimiliano Corso con la dedica del Corno d’oro, e idealmente di tutti i quartieri e di tutta la città, «Qui per sempre con noi!». La staffetta chiude la prima giornata di gare con la vittoria di Santo Stefano, che domina dalla prima frazione. Paolo Zanolla mette in fila Fabio Dal Zotto, Stefano Slongo e Nicola Prigol. Poi tocca a Goran Nava, Aziz Mahjoubi e Yuri Floriani - che arriva in scioltezza a braccia alzate - conservare il primo posto, strappandolo dopo anni al Duomo (Fabio Dal Zotto, Tommaso Beati, Edy Zatta, Stefano Scaini), orfano di Max, capace con l’ultima frazione di rimonte incredibili, e secondo. Dietro, staccati, Port’Oria (Nicola Prigol, Marco Spada, Tommaso Carniel, Lucio Sacchet) e Castello (Stefano Slongo, Maurizio De Giacometti, Davide Dalla Palma, Youssuf Kamali).
La serata di Palio si era aperta con il tiro con l’arco. Nulla di nuovo all’ombra delle fontane Lombardesche. Ancora una volta i cecchini di Port’Oria hanno messo in fila gli altri tre quartieri. Denis Cescato e Dino Zannol si sono aggiudicati il successo con 90 punti. Secondo Castello con 75 (Matteo Scopel, Mario Orlandi), terzo Santo Stefano con 72 (Enrico Pradel, Raffaele Turrin) e quarto Duomo con 67 (Enrico De Cet, Simone Turra). E’ una sfida che l’Aquila bicipite controlla sin dalla prima serie di frecce, ma che il Leone rampante e il Corno d’oro riescono a tenere viva sino alla terza serie. Ma mentre i due arcieri di Port’Oria non si concedono distrazioni, gli avversari dimostrano meno freddezza, meno costanza. Tra una gara e l’altra, l’esibizione del gruppo sbandieratori Città di Feltre, anch’essa caratterizzata da una dedica a Max Corso. In apertura di serata, dopo il corteo di ingresso in piazza Maggiore, la cerimonia di dedizione a Venezia e il lancio della sfida. Ironico e in rima Port’Oria, fiabesco e scanzonato Duomo, irriverente e goliardico Castello, prima solenne e poi musicale Santo Stefano.
Il lancio della sfida ha aperto così il Palio, dopo la tradizionale rievocazione del 15 giugno 1404, quando il feltrino Vettor Muffoni aveva consegnato le chiavi della città a quel Bartolomeo Nani rappresentante del doge di Venezia. Al termine della cerimonia, con i quattro quartieri schierati in piazza Maggiore e la cornice di pubblico ad assistere all’atto iniziale della disfida, gli araldi delle contrade si sono alternati sul palco senza risparmiarsi frecciate velenose, provocazioni e sberleffi nel pieno spirito di competizione e goliardia della manifestazione. Toni Baldissera ha dato voce all’aquila bicipite, dedicando (come anche gli altri quartieri dopo di lui) un ricordo commosso a Massimiliano Corso, staffettista di Castello: «Giovane atleta che al Palio si è sempre dedicato ed era da tutti apprezzato.
Ha sempre corso a ritmo sfrenato e ora dal cielo potrà guardare il Palio cotanto amato», ha esordito. Per poi lasciare spazio all’ironia: «Angelo Lusa - presidente del Duomo - la tua brama sarà delusa, Santo Stefano dopo quattordici edizioni l’anno scorso sei stato fortunato e tu, gatto spelacchiato, torna nella soffitta del castellano trasandato». Pronta la replica dell’araldo della Stella, Nicola Pauletti: «Volatile da cortile a due teste e da brodo, fatti bastare un pugno di becchime e vai altrove a razzolare, mentre l’azzurro dove nuota il Leone sono le acque del Piave e il felino cerca di tornare in superficie ma non ce la fa». Nemmeno una parola ai rivali del Santo, ma solo qualche nota di scherno da parte delle chiarine. Il portavoce del Castello Marco Turra, provocatorio: «Un saluto di coraggio ai miseri avversari tristemente agguerriti, in attesa di ammirare le gloriose gesta dei nostri atleti e vedere impolverati quelli degli altri». Infine Diego D’Alberto di Santo Stefano, che ignorando volutamente il Duomo ha invece apostrofato gli altri sulle note di canzoni famose: «Siamo andati a caccia del leon e abbiamo trovato anche l’aquilon».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi
Leggi anche
Video