Padova trova nuovo gene contro morte improvvisa
PADOVA. Nuove speranze sul fronte della prevenzione della morte improvvisa, una delle malattie più sconvolgenti, che cancella giovani vite senza il minimo preavviso. Il gruppo di ricerca sulle “cardiomiopatie aritmiche e morte improvvisa giovanile” dell’Università di Padova guidato dal professor Gaetano Thiene ha compiuto un altro importante passo avanti, identificando un nuovo gene della malattia che colpisce sportivi di tutti livelli, dagli amatori ai professionisti, provocando ogni anno due morti ogni 100 mila persone sotto i 35 anni. La stessa patologia che ha portato alla morte il calciatore del Livorno Piermario Morosini, ex Calcio Padova. E l’ex pallavolista della nazionale Vigor Bovolenta.Il team multidisciplinare di ricercatori coordinato da Gaetano Thiene, ordinario di patologia cardiovascolare di fama internazionale, composto dalla genetista Alessandra Rampazzo, dai clinici Barbara Bauce, Domenico Corrado e Ilaria Rigato e dai patologi Cristina Basso, Kalliopi Pilichou e Stefania Rizzo è stato impegnato in tre anni di studi serrati arrivando a produrre un risultato senza precedenti nella letteratura di settore: con questa scoperta si espande, infatti, la possibilità diagnostica, indagando nei meccanismi che tengono attaccate le cellule, aumentando di fatto, del 20%, la possibilità di scoprire la patologia prima che questa si manifesti con risultati letali. Un dato su tutti riflette l’importanza di questa nuova frontiera: su 600 casi di morte improvvisa studiata, 120 soggetti risultavano affetti da cardiomiopatia aritmogena.
«Fino ad oggi nel 50% dei casi non riuscivamo ad individuare il gene che causava la malattia - spiega il professor Thiene - ma ora, siamo in grado finalmente di ampliare lo screening genetico, allargando le possibilità diagnostiche». In precedenza, gli studi si erano concentrati sulla mutazione di un altro gene che fa riferimento ai desmosomi, giunzioni cellulari che tengono unite le fibre muscolari del cuore. In questo caso, il difetto genetico, identificato sempre a Padova, colpisce un gene chiamato desmogleina-2. Nei casi in cui questo è difettoso, la struttura del muscolo cardiaco viene sovvertita arrivando a provocare la comparsa di aritmie. Un risultato già stupefacente, ma non sufficiente a individuare tutte le persone a rischio. I ricercatori padovani hanno quindi «spostato il tiro», indagando un gene, la beta-catenina, che non era mai stato analizzato in questo contesto. «A questo punto - conclude Thiene - individuando anche questo gene di fragilità potremo essere in grado di capire se i familiari dei soggetti affetti dalla patologia sono anch’essi portatori della stessa cardiomiopatia, arrivando ad intervenire magari con dei farmaci». (s.z.)
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