Novità a Cardiologia ecco i pacemaker con 13 anni di durata

FELTRE. È un pacemaker di ultima generazione, quello della Resonate che si impianta sottocute in soli quattro centri italiani, fra cui la cardiologia del Santa Maria del Prato. Questo stimola da più punti il ventricolo sinistro, in aggiunta al sostegno dell'insufficienza cardiaca esercitato dai “vecchi” dispositivi. Il pacemaker biventricolare viene impiantato con ampia casistica all'ospedale di Feltre da almeno quindici anni. Ma solo da pochi giorni hanno fatto ingresso i nuovi dispositivi cardiaci Resonate anche al Santa Maria del Prato che per il settore dell'aritmologia, è di riferimento alla realtà bellunese. In cardiologia, diretta dal primario Aldo Bonso, per potenziare e valorizzare le competenze di aritmologia di cui il Santa Maria del Prato è accreditato riferimento a livello provinciale, sono attivate diagnostica cardiovascolare invasiva e non invasiva, seguita da Giuseppe Bilardo ed elettrofisiologia e cardiostimolazione, diretta da Mauro Fantinel.
Ed è Fantinel, nello specifico, che si occupa di impianto dei pacemaker e si concentra sul decorso e sul mantenimento della qualità della vita dei pazienti portatori. Il vantaggio dei dispositivi Resonate, forniti a soli quattro ospedali fra cui, oltre al Santa Maria del Prato, al Policlinico Gemelli di Roma, all'ospedale Muscatello di Augusta e alla clinica Montevergine di Avellino, è la stimolazione multipoint prima di tutto, e la dotazione di batterie più durature con una protezione di durata superiore ai tredici anni.
La nuova tecnologia biomedicale è di grande rilievo se si tiene conto che la durata delle batterie rappresenta la maggiore preoccupazione per il 73 per cento dei pazienti che devono affrontare, in media, il problema della sostituzione dopo circa quattro anni. Come si evidenzia nella scheda tecnica “il dispositivo introdotto in vari Paesi, presenta soluzioni tecnologiche d'avanguardia per la re-sincronizzazione cardiaca, terapia destinata a trattare i pazienti affetti da scompenso cardiaco con elevato rischio di aritmie letali, e consente ai cardiologi che effettuano gli impianti di utilizzare le informazioni diagnostiche più esaustive, scegliere gli algoritmi di stimolazione più idonei per ogni singolo paziente, monitorare la patologia, concentrarsi sulle esigenze del malato, senza timore che la terapia abbia un impatto sul consumo della batteria e, quindi, sulla longevità del dispositivo”. (l.m.)
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