Non soccorse l’ubriaco finisce nei guai per un codice “rosso”

BELLUNO
Guardia medica in tribunale. Mazen Iskandarani, libanese di 46 anni, ha scelto, insieme al difensore Tullio Tandura, di essere giudicato in abbreviato per l’ipotesi di reato di omissione d’atti d’ufficio. Non si sa se il 15 gennaio dell’anno prossimo potrà essere in aula, perché dopo l’esperienza all’Usl 1 di Belluno ha cominciato a lavorare per Emergency ed è segnalato, ormai da diverso tempo, in Siria. A parte il procedimento penale, l’unica cosa che lo lega ancora all’Italia è la fidanzata milanese.
La richiesta di rinvio a giudizio era partita dal pubblico ministero D’Orlando e ieri l’udienza preliminare si è svolta davanti al giudice Scolozzi. La sera del primo aprile di otto anni fa era di turno e avrebbe rifiutato di rispondere alla chiamata di emergenza del 118, che gli chiedeva di intervenire per un codice rosso in piazzale della Stazione, per aiutare il personale infermieristico dell’ambulanza. Avrebbe dovuto andarci il medico, ma al Pronto soccorso del San Martino ce n’era soltanto uno e non poteva muoversi.
A prima vista il paziente riverso su una panchina non dava molti segni di vita, ma in un secondo momento si scoprirà che era soltanto ubriaco e aveva, più o meno, fatto il morto. In realtà, non era un codice rosso, ma questo dettaglio non ha cancellato l’ipotesi di reato di omissione di atti d’ufficio.
C’è un precedente incoraggiante per Iskandarani e il suo difensore. Un collega medico era stato assolto dalla stesso reato, perché il fatto non sussiste, in una circostanza molto simile. Nel suo ruolo di guardia medica di turno, il 4 aprile dello stesso anno era stato allertato dal 118 per un codice bianco e non aveva aderito alla richiesta d’intervento, provocando l’impiego di personale infermieristico del Pronto soccorso, che in quel momento era impegnato in un caso da codice rosso arrivato solo qualche minuto dopo.
Non è per niente matematico che Iskandarani sarà a sua volta assolto, di sicuro il processo verrà celebrato sugli atti del pubblico ministero per fatti che risaliranno a quasi nove anni prima. Senza sospensione, sarebbero già prescritti. —
Gigi Sosso
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