Nievo rivisitato Non solo eroe ma grande scrittore

di Nicolò Menniti-Ippolito PADOVA Se Ippolito Nievo non fosse morto proprio nel 1861 ed in una vicenda direttamente collegata all’Unità d’Italia, anche la analisi della sua opera letteraria sarebbe...

di Nicolò Menniti-Ippolito

PADOVA

Se Ippolito Nievo non fosse morto proprio nel 1861 ed in una vicenda direttamente collegata all’Unità d’Italia, anche la analisi della sua opera letteraria sarebbe stata diversa. Ed invece ogni volta che cade un anniversario dell’ Unità italiana si ha necessariamente anche quello di Nievo e l’identificazione in qualche modo continua, forse appannando la grandezza dello scrittore. Ovviamente il legame tra il Risorgimento e Nievo c’è, ed è fortissimo, ma questo legame non esaurisce la portata letteraria della sua opera. In questa settimana Padova (città di nascita ma non solo) ha provato allora a ripensare Nievo. Lo ha fatto con due mostre e con un Convegno di tre giorni, organizzato da Regione e Università di Padova. Ma sempre questa settimana è uscito anche un volume di Pier Vincenzo Mengaldo (Studi su Ippolito Nievo: lingua e narrazione, Esedra, p.290, 24 euro) uno dei massimi studiosi italiani. Pur non occupandosi dell’ ottocento italiano, Mengaldo ha sempre avuto un particolare amore per Nievo e soprattutto per le Confessioni, che sono, per lui, “l’unico vero romanzo europeo scritto in Italia nell’Ottocento”. E’ una affermazione forte ma non isolata, soprattutto se si pensa, come è stato ricordato nel convegno, che fino ad un trentina di anni fa Le confessioni di un italiano erano ritenute lettura irrinunciabile per ogni italiano appena colto, messe subito dopo Ì Promessi sposi in ordine di rilevanza. Ma negli ultimi anni, pur aumentando l’attenzione per il personaggio Nievo e per la sua morte drammatica, la sua opera maggiore è stata accantonata, messa in sordina, come se non valesse più la pena staccarla dalla massa dei romanzi storici di impronta risorgimentale. Paradossalmente questo è avvenuto mentre gli studiosi sovvertivano invece l’opinione di Croce, che reputava Nievo più grand’uomo che grande scrittore, allargando l’attenzione anche alle sue opere minori. E non a caso il convegno “Ippolito Nievo. Centocinquant’anni dopo” ha dedicato sì una intera giornata, la prima, alle Confessioni, ma nelle altre due ha affrontato il Novelliere campagnolo, il teatro, la poesia e soprattutto gli scritti politici di Nievo, che, secondo Mengaldo, sono tra i più significativi, per lucidità, del Risorgimento italiano. E questa ricchezza e varietà è tanto più sorprendente se si pensa che Nievo ha vissuto solo fino a trent’anni, dedicandosi anche, e non marginalmente, alla lotta politica e militare per l’Unità d’ Italia. Ed allora quando si leggono le memorie dell’ottantenne Carlo Altoviti, scritte dal neppure trentenne Ippolito Nievo, si dovrebbe cogliere anche la grande novità narrativa delle Confessioni, che riscrivono il romanzo storico non più nel solco manzoniano, ma semmai aprendo, e qui è la modernità, verso esiti di una modernità che preannuncia le svolte di fine secolo e novecentesche.

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