Niente ululati razzisti prosciolti dall’accusa due ultras Triestini

Non luogo a procedere. Con questa formula sono stati prosciolti Lorenzo Campanale e Adamo Rocchi, i due ultras della Triestina accusati di aver dato vita a un coro razzista nei confronti del giocatore senegalese del Belluno Sadio Samba durante la partita di serie D fra il Belluno e l’Unione del 4 ottobre 2014.
La sentenza è stata emessa dal gip del tribunale di Belluno, Enrica Marson, nel corso dell’udienza di ieri. Campanale, noto anche per essere uno dei capi della curva Furlan, è stato prosciolto anche dall’accusa di danneggiamento aggravato della rete di recinzione del campo, mentre su Rocchi pende ancora il capo di imputazione per lo scavalcamento indebito. In questo caso il gip ha disposto il rinvio a giudizio con la prima udienza fissata il 4 luglio prossimo. Il reato, peraltro, potrebbe anche cadere in prescrizione, considerato che la stessa scatterebbe nel caso specifico a ottobre del 2019.
A difendere i due ultras della Triestina l’avvocato Giovanni Adami, che al termine dell’udienza conferma: «È stata lunga, ma sono molto soddisfatto per tutti e due i ragazzi. Adesso bisogna che cada anche il Daspo visto che sono stati assolti dall’accusa penale».
Su Campanale e Rocchi infatti pende ancora un provvedimento di diffida dall’accesso agli stadi, emesso il 13 febbraio del 2015 dall’allora questore di Belluno Michele Morelli. Inizialmente c’era anche l’obbligo di firma, poi cancellato alcuni mesi fa.
I fatti contestati ai due tifosi risalgono a una partita del campionato di serie D: gli alabardati erano impegnati in trasferta a Belluno, una gara complessa giocata di sabato, con un buon pubblico sugli spalti e con un discreto spiegamento di forze dell’ordine. Un agente della Digos aveva sentito il verso della scimmia “Uh, uh, uh” rivolto a Sadio Samba, attaccante originario del Senegal e ora impegnato nel Naval, squadra portoghese di “Segunda liga”, paragonabile alla serie B italiana.
Secondo l’accusa si trattava di ingiuria con l’aggravante della discriminazione razziale e della violazione dell’articolo 3 del decreto legge 122 del 1993, meglio noto come legge Mancino. Dal 2014 si erano tenute già quattro udienze davanti al giudice monocratico, secondo il pubblico ministero Marco Faion però, essendoci l’aggravante della discriminazione e dell’odio razziale, era necessario un collegio giudicante composto da tre persone. Si è tornati quindi davanti al gip.
«È stato un percorso lungo», conferma l’avvocato Adami. «Ora siamo in attesa della pubblicazione delle motivazioni della sentenza per poi procedere alla richiesta alla Questura per il ritiro del Daspo».
Sul provvedimento pende anche un ricorso al Tar del Veneto, che a questo punto potrebbe cadere visto che non c’è più l’accusa alla base del Daspo. —
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