Morto il maresciallo Cesca investigò sui delitti di Alleghe

UDINE. Il suo nome resterà per sempre legato ai misteri di Alleghe e alla lunga scia di sangue che seppe analizzare per dare un nome e un volto agli autori di cinque omicidi, ma chi ha conosciuto il...
UDINE. Il suo nome resterà per sempre legato ai misteri di Alleghe e alla lunga scia di sangue che seppe analizzare per dare un nome e un volto agli autori di cinque omicidi, ma chi ha conosciuto il maresciallo maggiore aiutante Ezio Cesca, morto all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine nelle prime ore di domenica all’età di 88 anni, sa che dietro a quell’arguto detective c’era un uomo generoso e laborioso che all’Arma ha dedicato la sua intera esistenza, in buona parte trascorsa a Udine, dove visse a partire dal 1969.


Primo di tre fratelli, Ezio Cesca era nato a San Giacomo di Veglia, frazione di Vittorio Veneto, dove trascorse la propria infanzia. La ferma intenzione di diventare carabiniere in lui maturò presto: si arruolò nel 1946. E per servire lo Stato girò l’Italia, trasferendosi prima in Sardegna, per poi risalire lo stivale sino ad Auronzo di Cadore. Fu lì che conobbe Clara, che sarebbe diventata la sua compagna di vita e gli avrebbe dato due figli: Roberto, che dopo la laurea in Informatica si è trasferito a Treviso per lavorare alle assicurazioni Generali, e Sergio che ha voluto seguire le orme del padre e indossare la divisa.


Ed è nel Bellunese che la sua carriera ebbe una svolta. Fu chiamato a investigare su una catena di delitti cominciata nel 1933 a cui una sentenza della Cassazione ha messo il sigillo finale solo nel 1964.


Per 13 anni i delitti compiuti sulle rive del lago di Alleghe restarono avvolti dal mistero, finché due carabinieri, investigatori di razza come Ezio Cesca e Domenico Uda, cominciarono a scavare e a collegare tutte quelle morti sospette, frettolosamente archiviate come suicidi, oppure occultate. Fino a risalire alla proprietaria dell’albergo Centrale di Alleghe, Elvira Riva. In gioventù aveva avuto un figlio, dato in affidamento. Un peccato di gioventù che si rifece vivo per rivendicare una parte di eredità. È così che iniziò la saga dell’orrore. Il figlio illegittimo fu ucciso, come la cameriera dell’albergo Emma De Ventura, trovata sgozzata il 9 maggio 1933, che probabilmente aveva scoperto tutto. Un delitto archiviato come suicidio, come lo fu quello di Carolina Finazzer, fresca sposa di Aldo Da Tos (figlio di Evelina) che fu trovata morta nel lago perché sapeva troppo. Infine i coniugi Del Monego, freddati a colpi di pistola il 18 novembre 1946.


Ezio Cesca, con la sua capacità di ascoltare e di conquistare la fiducia delle persone, riuscì a entrare in confidenza con un’anziana inferma, che dalla propria finestra aveva visto qualcuno impegnato a sbarazzarsi di un cadavere. Quella versione della vicenda, che è anche quella giudiziaria, fu messa nero su bianco dallo scrittore Sergio Saviane. «Mio padre non amava vantarsene – racconta Sergio Cesca, cui Ezio ha voluto dare il nome dello scrittore, memore della loro amicizia – . Era solito ripetere “ho fatto solo il mio dovere”, con la consueta ritrosia a parlare di sé e a mettersi in luce».


La sua dedizione al lavoro, però, era nota: la sera del 6 maggio 1976, mentre il Friuli tremava, lui era al lavoro. Rincasò trafelato solo per verificare che l’adorata moglie Clara e i figli stessero bene. I riconoscimenti sul lavoro, però, non sono mancati, fino alla nomina a commendatore. Negli anni Novanta è arrivato il congedo e le gioie della quiescenza, funestate dalla morte di Clara, cui solo la nascita dei cinque nipotini ha potuto dare un po’ di sollievo. I funerali saranno celebrati domani alle 10 nella chiesa del Bearzi.




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