Morti sull'Antelao: "Quel posto è un po' maledetto"

Papà Franco Marengon descrive il figlio  con parole commosse: "Amava la montagna"

DOMEGGE. «Era sempre disponibile a dare una mano e aveva una grande passione per la montagna». Poche parole, quelle di papà Franco, per descrivere Alessandro Marengon, vittima del canale Oppel. «Un posto un po’ maledetto» commenta il padre con la voce affaticata dalla prova più grande per un genitore. «Anche a me piace la montagna», spiega, «ma non sono mai arrivato ai suoi livelli, che erano altissimi». Una competenza che il giovane di Domegge aveva messo a disposizione degli altri impegnandosi nel Soccorso alpino. «Era buono», ricorda Franco, «sempre pronto a dare una mano a tutti».

Il prossimo passo, il prossimo sogno era quello di diventare una guida alpina. Alessandro voleva trasformare quella grande passione per la montagna in un lavoro regolarmente retribuito e per questo motivo si stava preparando per iniziare il corso. Aspettava con trepidazione quel momento, nel frattempo non se ne stava con le mani in mano. Per tanti anni si è mantenuto facendo il pizzaiolo in giro per il Cadore. Il trasferimento a Farra d’Alpago risale ad alcuni mesi fa, favorito dall’assunzione in una ditta di trasporti. E poi in Alpago c’era ad aspettarlo la sua ragazza, Nicole, con la quale aveva deciso di iniziare una felice convivenza.

Eppure ogni volta che ne aveva la possibilità correva a casa, in Centro Cadore, dove prestava servizio come volontario nella locale squadra di Soccorso alpino capitanata da Maurizio Bergamo. In quella stessa squadra figura Ferruccio Svaluto Moreolo, uno dei pionieri del Soccorso alpino non solo cadorino, ma di tutto il Bellunese. Proprio insieme a Svaluto Moreolo, Alessandro Marengon aveva instaurato un rapporto di amicizia nel segno del rispetto per chi, in montagna, aveva tanto da insegnare.

«Siamo andati ad arrampicare tante volte insieme», racconta Svaluto Moreolo, «fu proprio in una di quelle occasioni che mi rivelò l’intenzione di iniziare il corso per guide alpine. Aveva una passione smisurata per la montagna che voleva trasformare in un lavoro vero. Era un bravissimo ragazzo che amava apprendere, seguiva ogni movimento con grandissima attenzione al fine di farlo proprio nel più breve tempo possibile».

Alessandro Marengon è entrato a far parte della squadra di Soccorso alpino di Centro Cadore nel 2011, due anni prima (nonostante la più giovane età) dell’amico Enrico Frescura. Rispetto ad Enrico, Alessandro mostrava una maggiore propensione per l’alpinismo puro, anche se non disdegnava le uscite sci ai piedi, l’ultima delle quali risultata purtroppo fatale.

A febbraio aveva partecipato alla Transcavallo che, sci ai piedi, unisce l’Alpago alla località friulana di Piancavallo.

«Ricordo con grande emozione tutta la sua felicità quando lo portai insieme a me ad aprire una variante sulla Torre dei Sabbioni nel gruppo Antelao-Sorapis», prosegue Svaluto Moreolo, «si celebrava la tradizionale festa dell’alpinismo in compagnia di numerose altre squadre del territorio. Facemmo quella variante con una tecnica che lui non aveva mai visto prima. Quella novità lo colpì molto. Fece tantissime fotografie e non smise di ringraziarmi. Tutta quella stima esternata nei miei confronti la custodisco gelosamente dentro».

Una passione, quella per la montagna, che proseguirà anche adesso che non c’è più: la famiglia ha deciso di devolvere le donazioni alla stazione del Soccorso alpino di Centro Cadore.

(ha collaborato Valentina Voi)

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