Monica Segat, dal Settimo Alpino al comando di 450 penne nere

È la prima militare donna a guidare un battaglione degli Alpini.

Per lei sette anni a Belluno: «Pretenderò il massimo da tutti»

Francesco Dal Mas

Monica Segat è la prima donna a guidare un battaglione degli Alpini, il 9/o Reggimento L’Aquila, composto da circa 450 militari: ieri la cerimonia di insediamento del tenente colonnello dell’Esercito. Una data storica. Anche per il Settimo alpini di Belluno, dove ha prestato servizio per sette lunghi anni.

Monica ha 43 anni. È di Vittorio Veneto ed è sposata con un ufficiale, anche lui comandante di un battaglione degli alpini. È mamma, ha un figlio, Nicola. Nel 2000 si era da poco diplomata come ragioniera e lavorava da qualche mese in un ufficio legale a San Vendemiano. Quando ha letto il bando di concorso sulla Gazzetta Ufficiale, non ci ha pensato due volte. Ha presentato la domanda per entrare in Accademia, ha superato le selezioni e il 16 ottobre del 2000, unitamente ad altre 40 colleghe è entrata a fare parte del primo Corso aperto al personale femminile. Nel suo curriculum anche una laurea in Scienze strategiche. «La mia provenienza da una cittadina così legata alla storia del primo conflitto mondiale ha influito sulle mie scelte di vita», ha detto più volte.

«Ai miei uomini e donne», dichiara la comandante Segat, «dirò che devono capire che pretenderò da loro il massimo impegno. Ma allo stesso tempo devono sapere che sarò la prima a mettermi in discussione. E la mia porta sarà sempre aperta».

Il nono Reggimento Aquila ha una storia gloriosa; si tratta degli eredi delle penne nere protagoniste della drammatica ritirata dalla Russia. Non è un compito facile quello che attende la tenente colonnello dell’Esercito.

Entro la fine dell’anno saranno ben sette le donne alla guida di un battaglione: sono quelle che nel 2000 entrarono in Accademia a Modena, quando per la prima volta le carriere militari furono aperte alle donne. A fare il militare Monica c’è arrivata per diversi motivi. C’entra Vittorio Veneto, sicuramente, «terra dove la presenza degli alpini e molto sentita». Ma soprattutto «la curiosità e la voglia di trovare, a 20 anni, qualcosa che ti consenta di ampliare le tue aspettative e desideri».

Non è stato facile. «Soprattutto all’inizio, ci vuole convinzione, tenacia e spirito di sacrificio. È stata difficile». Ma, ci tiene a precisare, non in quanto donna:«È stato difficile per tutti, uomini e donne. E non ho mai sentito alcuna differenza di trattamento». E il fatto che non ci siano differenze è un concetto sul quale insiste. Non ci sono nella scelta, che richiede «disponibilità massima, voglia di mettersi al servizio degli altri e spirito di sacrificio». E non ci sono nell’atteggiamento da tenere: «Non è un lavoro normale, ci vuole convinzione e passione». Sia che tu sia uomo sia che tu sia donna.

Ora l’attende la responsabilità di 450 persone. «È un peso», ammette Segat, «ma anche motivo di orgoglio. Perché le soddisfazioni più grandi le ho avute proprio da chi ho comandato».

E poi c’è il figlio, la famiglia. Anche il marito è un ufficiale degli alpini e sta per lasciare un comando di battaglione. «Finora ci siamo sempre organizzati e continueremo a farlo. Quest’anno mi sono occupata io di nostro figlio, che è un bambino che si adatta facilmente e sa bene chi sono mamma e papà. Ora toccherà a mio marito». 

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