Mensa negata ai bambini a Belluno, il prof non ci sta: «Cedo la mia razione»
La decisione del docente: «Non si può stigmatizzare un ragazzino». Il presidente del consiglio d’Istituto Paolo Bello: «Siamo pronti a tassarci»

«Ho rinunciato al mio pasto perchè un bambino che ha già dei problemi non può venire stigmatizzato dai compagni». È triste l’insegnante della scuola elementare Quartier Cadore quando racconta quanto accaduto in sala mensa. Tutto è successo durante il terzo turno del pranzo per i bambini che frequentano il tempo pieno, quello che comincia alla 14.
I due turni precedenti si erano svolti alla presenza della preside Bruna Codogno e del presidente del consiglio di istituto, Paolo Bello. Due turni che erano passati indenni da quell’ordine della ditta di ristorazione di non dare da mangiare agli otto alunni le cui famiglie sono insolventi. Vista la situazione, preside e presidente del consiglio si erano lasciati contenti che tutto fosse filato liscio e nessuno dei bimbi si fosse visto discriminare. Poi, verso le 14,30, la telefonata dell’insegnante che raccontava quanto accaduto.
«Quando sono sceso nella sala mensa», ci racconta il docente, «ho visto una persona che parlava con le operatrici incaricate di distribuire i pasti agli alunni. Stava dicendo loro di non dare il pasto a uno dei bimbi che sarebbe sceso per l’ultimo turno del pranzo. Ho chiesto alla signora chi fosse e lei mi ha risposto di essere la dietista della ditta di ristorazione».
In quel momento sono entrati i bambini: «Ho detto alle operatrici di dare il pranzo anche all’alunno che era stato segnalato, rinunciando al mio piatto. Non potevo certo lasciare che un bambino che ha già dei bisogno educativi speciali venisse stigmatizzato dai compagni», racconta il docente, che poi evidenzia: «Non si può far ricadere sui minori i problemi della famiglia». L’insegnante precisa anche che «in mattinata la mamma del ragazzino mi aveva inviato lo screenshot dell’immagine del pagamento avvenuto della rata delle mensa».
«Non accetto che possano succedere cose del genere», tuona la dirigente scolastica. «Finchè ci sarò io alla guida di questa scuola tutti gli alunni continueranno a mangiare», «a costo di tassare il consiglio di istituto per venire incontro a questi genitori», le fa eco Bello. «Come consiglio garantiamo già molte cose a nostre spese, non credo che questo nuovo intervento sia impossibile».
«Siamo di fronte a situazioni familiari davvero complicate», prosegue la preside, «dove le difficoltà sono importanti. Parliamo di nuclei stranieri, molti dei genitori conoscono poco la lingua italiana tanto che chiedono aiuto ai nostri insegnanti per alcuni adempimenti specie se online. Comunque non mi arrendo e anche domani (oggi per chi legge, ndr) sarò a scuola a verificare che tutti abbiano il pasto».
«Se queste famiglie iscrivono i loro figli al tempo pieno significa che sono al lavoro e quindi dobbiamo andare loro incontro. Credo che non sia possibile che i pasti vengano garantiti dal buon cuore degli insegnanti che si privano del loro pranzo. Attendiamo che la pubblica amministrazione lanci un segnale chiaro che vada nella direzione di risolvere la situazione», conclude Paolo Bello, che poi lancia un’idea a Palazzo Rosso: «Dato che questo sistema non funziona come è ormai chiaro a tutti, credo che l’amministrazione comunale potrebbe considerare l’idea di riprendere in mano il servizio della mensa internalizzandolo. Con una mensa interna la qualità del cibo sarebbe costantemente sotto controllo, quindi i benefici sarebbero molti e ad ampio spettro. È evidente che la situazione possa essere risolta soltanto dalla volontà politica», conclude Bello. -
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