Maltrattata ma innamorata, stangato il fidanzato violento

Un cadorino è stato condannato per maltrattamenti e lesioni nei confronti della convivente. La sua attuale compagna l’ha descritto in modo diverso 

LOZZO DI CADORE. Innamorata di lui, ne ha prese tante. Il cadorino J. F. è stato condannato a due anni e sei mesi più le spese processuali per maltrattamenti e lesioni aggravate nei confronti della convivente. Nella richiesta del pubblico ministero Rossi, c’erano tre anni e sei mesi, ma il giudice Feletto ha escluso l’aggravante e anche la recidiva, pur riconoscendo la colpevolezza dell’imputato per entrambi i reati. Trenta giorni per la scrittura delle motivazioni. . L’avvocato Monica Casagrande, invece, era convinta che la prova non fosse stata raggiunta e aveva finito la propria arringa con l’assoluzione con la formula dubitativa e in subordine il minimo della pena con i benefici di legge. Mentre per la pubblica accusa la vicenda aveva dei risvolti raccapriccianti, per la difesa era la colpa dell’esagerata assunzione di alcolici da parte di una donna che non solo è stata imprecisa e contraddittoria nella sua ricostruzione, ma è sempre tornata dall’imputato.

Prima della discussione, la testimonianza dell’attuale compagna di J. F. , che l’ha descritto come una persona sobria, molto premurosa e tutt’altro che violenta e aggressiva. Eppure ci sono tre certificati medici prodotti dalla parte offesa, nel periodo compreso tra il dicembre 2014 e il febbraio di due anni dopo: il 20 dicembre 2014, a Bassano del Grappa, trauma allo zigomo e al dorso e schiacciamento del collo; il 22 ottobre 2015, a Lozzo di Cadore, frattura delle costole, trauma facciale e distorsione del rachide cervicale; il 22 febbraio 2016, nella stessa località, trauma cranio facciale e sette giorni di prognosi.

L’uomo non si è mai preoccupato di soccorrerla o di accompagnarla al Pronto soccorso, costringendola a una convivenza talmente penosa da convincerla ad allontanarsi per paura che succedesse qualcosa di peggio.

La Procura aveva contestato all’imputato maltrattamenti nei confronti di una persona molto vulnerabile dal punto di vista psicologico e percosse per motivi ignobili: schiaffi, calci, pugni e prese alla gola con le mani. Ma capitava anche che la scaraventasse sull’asfalto oppure che la mandasse a sbattere sulla testata del letto. Era molto magra e risentiva ancora di più di queste violenze: «Non c’era niente da mangiare, in quella casa. Mi mandava delle fotografie con lei ai fornelli, ma dentro le pentole non c’erano pietanze, anche se mi venivano descritte. Lui beveva e, durante la convivenza, anche lei», aveva testimoniato una delle sorelle.

«Aveva graffi e lividi sul collo, come se qualcuno avesse tentato strangolarla. Non aveva mai un soldo in tasca, tanto è vero che girava per strada a raccogliere mozziconi di sigaretta, anche se da noi aveva trovato un posto di lavoro come badante. Mio padre l’ha aiutata molto, ma i soldi non finivano nelle sue tasche, bensì in quelle del convivente epoca e poi nelle macchinette» aveva aggiunto, prima della condanna. —

Gigi Sosso

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