Madre e figlio morirono nella notte maledetta
Ventimila metri cubi di materiale si abbattè sulle case della frazione

Alcuni abitanti di Cancìa dopo la frana del 2009
BORCA DI CADORE.
Un violento temporale durato diverse ore e poi l'inferno. Ecco cosa successe la notte tra il 17 e 18 luglio di due anni fa, a Cancia, una frazione di Borca. Quella notte, una madre ed un figlio, Giovanna Belfi, 86 anni, e Adriano Zanetti, 63, furono travolti, mentre dormivano, da una massa d'acqua mista a ghiaia, che sfondò gli "argini" del bacino di contenimento che sovrastava a pochi metri di distanza la loro abitazione. La melma penetrò attraverso porte e finestre dell'abitazione. Fu un inferno di acqua e ghiaia. Un mix letale che danneggiò numerose abitazioni. Tutte quelle che si trovavano sotto il bacino artificiale tracimato e crollato per la forza d'urto di oltre 20.000 metri cubi di acqua e ghiaia. Un effetto domino che provocò, nelle ore successive alla tragedia, l'evacuazione di molte case. Alla fine si contarono oltre duecento sfollati. Qualche decina di "temerari" decisero, firmando un documento in cui si prendevano ogni responsabilità, di rimanere a casa loro. Le frane sono endemiche nella Valle del Boite. Le pagine di storia segnano una data, il 25 gennaio 1348, come la prima in cui un paese, Villalunga, tra Resinago e Vinigo, venne distrutto. Nel 1730 la frana di Chiapuzza provocò a San Vito 52 morti e sette anni dopo, nella frazione di Sala, i "caduti" per la furia dell'acqua mista a ghiaia furono tra i 12 e i 30, ben 26 le case distrutte, 120 i senzatetto. Nel 1814 una strage, in 314 persero la vita e due villaggi, Taulen e Marceana, vennero rasi al suolo. La triste sequela prosegue nel 1868 con 12 morti e 13 case sepolte a Cancìa. Poi altre frane avvennero nel 1925 e più recentemente nel 1994.
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