Lupi, due branchi in Visentin e Col di Lana

C’è anche un esemplare solitario in Cansiglio. Nell’affollato incontro di Faverga si è parlato di convivenza con gli allevamenti
BELLUNO. Croce e delizia. Il lupo non è un animale che passi inosservato. Vederlo è difficilissimo, ma la sua presenza si fa sentire nei territori antropizzati, che non erano più abituati ad averci a che fare visto che il lupo era praticamente scomparso dall’arco alpino. Ci è tornato e ha trovato casa anche nel Bellunese: sono due i branchi accertati, uno sul Nevegal-Visentin (un maschio, una femmina e sei cuccioli, ma di recente si vedono al massimo e complessivamente cinque esemplari) e uno nella zona di Livinallongo del Col di Lana. Anche qui c’è una coppia, con quattro cuccioli nati nel 2017. In Cansiglio invece c’è un esemplare solitario, ma le sue predazioni sono state le medesime del branco del Visentin.


Sessanta pecore uccise nell’altopiano, altrettante fra Nevegal, Cirvoi e zone limitrofe. I numeri sono emersi nel corso della serata organizzata dal Circolo sportivo Faverga nella frazione del Castionese, perché proprio in zona il lupo ha mangiato alcune pecore. E gli allevatori sono preoccupati. «Dobbiamo convivere con l’animale», è stata la premessa di Oscar Da Rold della Polizia provinciale. A spiegare come, ci ha pensato Sonia Calderola, veterinario della Regione Veneto che si occupa della gestione faunistica nei rapporti con l’agricoltura. Da dieci anni studia orsi e lupi e nella sua illustrazione ha cercato di sfatare uno dei preconcetti più diffusi nel Bellunese: che il lupo sia stato reintrodotto. Portato dall’uomo.


Il lupo nel 1972 era presente solo in alcune zone dell’Appennino, ha spiegato. Si è ripresentato sulle Alpi all’inizio degli anni ’90, perché alcuni esemplari sono andati in dispersione e hanno trovato territori in cui stabilirsi. Ha colonizzato la Lessinia ed è arrivato nel Bellunese. Tutto naturale. Non tutti in sala si sono convinti. Il ricordo delle predazioni è ancora vivo nella mente di molti. Non più abituati a dover difendere le bestie dal lupo. Animale carnivoro, ma anche opportunista, cerca il cibo più facile da predare. E pecore e mucche non adeguatamente protette sono le prede ideali.


Ecco perché, ha suggerito Sonia Calderola, «bisogna rendere la vita difficile al lupo». Con i recinti elettrificati, i dissuasori acustici e luminosi, con i cani da guardiania, che la Regione fornisce. Dal 2018 il progetto Life Wolfalps si concluderà e non ci saranno più risorse straordinarie, ma c’è un apposito capitolo di bilancio per aiutare le attività zootecniche. «I primi anni sono sempre i più difficili, lo è stato anche in Lessinia, ma da quando sono stati introdotti i sistemi di prevenzione le predazioni si sono ridotte», ha aggiunto la Calderola, ricordando che il branco non potrà mai essere molto numeroso perché i cuccioli nati nel 2017 quest’anno andranno a cercarsi un altro territorio, per potersi riprodurre (nel branco si riproducono solo il maschio e la femmina alfa). Ma ci si può aspettare che un altro branco si insedi fra il Nevegal e Livinallongo, ha avvertito Oscar Da Rold. «Dobbiamo imparare a convivere con il lupo», ha detto. «Cosa facciamo, recintiamo tutte le montagne?», ha chiesto un allevatore.


«C’è chi è disposto a pagare fino a 3-400 euro per venire qui a vederlo», ha aggiunto un ragazzo. «Sbagliate a considerare il lupo solo un problema». Si può fare turismo, con il lupo. «Ma senza le aziende agricole che tengono pulito il territorio, non si può fare turismo», gli è stato ribattuto. Croce e delizia, si diceva. La strada per superare questa dicotomia è tutta in salita.


Argomenti:lupo

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi