L'ospedale di Pieve di Cadore intitolato a Giovanni Paolo II - FOTO

PIEVE DI CADORE. Un’ora e un quarto: tanto è durata a Pieve la cerimonia per l’intitolazione dell’ ospedale, che da ieri si chiama “Beato Giovanni Paolo II”. Una cerimonia solenne e semplice allo stesso tempo che, secondo l’impressione delle centinaia di persone presenti, potrebbe rappresentare una svolta per il futuro del nosocomio cadorino. Molte le autorità religiose, civili e militari presenti, tra le quali i parlamentari bellunesi, il vicepresidente del consiglio regionale Matteo Toscani, il prefetto Maria Laura Simonetti, l’ arcivescovo di Udine, Pietro Brollo. Non poteva mancare Fiorenzo Bacci, lo scultore autore della statua che da qualche giorno domina l’ingresso del nosocomio, arrivato in Cadore con la moglie e molto incuriositi dall’interesse che la statua del Papa ha sollevato.
Avrebbe dovuto esserci anche l’ambasciatrice polacca alla Santa Sede, Hanna Suchocka, ex primo ministro, che però ha dovuto rinunciare per un improvviso impegno in patria . Disposti a semicerchio attorno alla statua del Papa, autorità e semplici cittadini hanno seguito con molta attenzione gli interventi rievocativi, non nascondendo, a volte, la loro emozione.
«E’ stato un atto fortemente voluto dalla direzione generale dell’Usl1, alla quale spetta l’intitolazione delle strutture ospedaliere», ha affermato aprendo la cerimonia il direttore generale Antonio Compostella, «un atto di riconoscenza verso l’amore che Papa Giovanni Paolo II ha dimostrato verso la terra cadorina».
Gli ha fatto eco il sindaco di Pieve, Maria Antonia Ciotti, che, pur apprezzando le parole di Compostella, non ha lesinato severe critiche ai responsabili della sanità regionale.
«Avrebbe dovuto essere una giornata di gioia e di festa», ha affermato, «ma putroppo il piano sanitario del Veneto ha sancito la fine del nostro ospedale. La struttura perderà molti servizi, una parte dei quali non ci sono ormai già più; e per la maternità ci sono i giorni contati. Questo piano rappresenta una precisa volontà politica di chi governa questa Regione. Mi auguro che da lassù il Beato Giovanni Paolo II faccia cambiare loro idea».
Si sono poi succeduti gli interventi di Andrea Franceschi, sindaco di Cortina e presidente della conferenza dei sindaci, e di Renzo Bortolot, presidente della Magnifica, che ha ricordato come tra i soci fondatori dell’ospedale ci sia anche l’ente da lui presieduto. Prima della benedizione, il vescovo di Belluno, Giuseppe Andrich, ha ricostruito le tappe che hanno portato alla cerimonia di ieri.
«Il 21 luglio 1996», ha esordito, «in occasione della visita del Papa "al Cadore", di fatto l’ospedale è stato intitolato al suo nome. E oggi io sono riconoscente a tutti coloro che hanno fortemente voluto perché si arrivasse a questa cerimonia. Una richiesta partecipata con magnifica coralità da tutto il Cadore, quella di intitolare l’ospedale a Wojtyla, tanto che era stata sottoscritta da tutti i sindaci. Ringrazio riconoscente anche quanti, con i mezzi di comunicazione sociale, faranno partecipi di quest’evento tutti i fedeli sparsi nel mondo intero. Esprimo inoltre il grazie», ha aggiunto, «da parte della nostra diocesi perchè da oggi c’è un ospedale nella terra dolomitica intitolato al Beato Giovanni Paolo II».
Quindi, con tutti i presenti in piedi, la benedizione alla statua, all’ospedale ed a tutti i presenti. Terminata la cerimonia, nessuno avrebbe voluto lasciare quel posto, diventato improvvisamente un luogo dello spirito e del ricordo. Molti tra i presenti avevano ancora negli occhi e nel cuore il Papa scomparso, come Flavio De Nicolò, comandante della Forestale che gli fu vicino come nessun altro. «Ho vissuto con lui ogni sua vacanza: ogni volta 20 giorni sempre insieme, dal mattino alla sera, compresi i pasti. Il mio sentire», ha affermato, «è tutto interno: porto nel mio cuore quelle straordinare giornate. Sono solo mie e non voglio condivderle con nessuno. Non ho cercato riconoscimenti, ma la mia più grande gioia è stata quando monsignor Stanislao, segretario del Papa, con il quale sono sempre in contatto, mi ha detto: “ricordati che il Papa ti ha sempre voluto bene, perché tu volevi bene a lui”. Parole che non scorderò mai».
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