Limana, caso di leishmania in un cane autoctono: «È la prima volta»
L’animale che è stato infettato da un pappatacio è in cura. Il veterinario Francioni: «Nessun allarme, ma attenzione»

Primo caso bellunese di leishmania quello di Limana.
Il segugio ammalato è sotto terapia e ce la dovrebbe fare, intanto anche uno dei due quattrozampe conviventi è positivo, anche se non presenta sintomi. Il terzo esemplare non è stato infettato.
La sitazione è sotto controllo e non ci sono allarmi da lanciare, solo un appello da parte dell’Ulss 1 Dolomiti a fare attenzione e a sottoporre il proprio animale domestico a una profilassi antiparassitaria dal proprio veterinario di fiducia.
È bene seguire attentamente le avvertenze di un professionista del benessere animale come Enrico Francione, che lavora per l’azienda sanitaria provinciale: «Ne stiamo parlando con la dottoressa Maria De Salvador del Dipartimento di Prevenzione Servizio veterinario di Igiene degli Allevamenti e delle Produzioni zootecniche e siamo già riusciti a individuare il vettore dell’infezione», spiega il medico, «è un pappatacio, cioè un insetto d’interesse sanitario perché capace di trasmettere malattie infettive a uomini e animali, fra cui quella più conosciuta è, appunto, la leishmania.
Il cane ha fatto vita all’aperto, essendo da caccia e non è mai stato fuori provincia, questo ci induce a pensare che rappresenti il primo caso del tutto autoctono, interamente bellunese. Nessuna emergenza, comunque».
Ci sono stati dei precedenti, ma relativi a soggetti, che erano stati infettati in altre zone del Veneto o d’Italia. Come si riconosce la leishmania? «Ci sono dei sintomi a livello viscerale, mentre quelli più evidenti si manifestano a livello cutaneo come dermatiti. Ma esiste anche un’altra sintomatologia, che consiste in congiuntivite, anemia e sanguinamento dal naso.
Tutto questo può configurare un caso di leishmania o leishmaniosi, a seconda di come vogliamo chiamarla. Il pappatacio è il vettore della malattia e il cane ne diventa il serbatoio».
Animali a rischio anche gatti e roditori selvatici. Per prevenire la malattia, cosa bisogna fare? «Sottoporre i propri amici a quattro zampe a uno screening accurato, per capire se ci possono essere dei potenziali vettori e fare delle indagini sulla diffusione della malattia, tenuto conto del fatto che si trasmette solo attraverso questo insetto. Quello che bisogna fare è una profilassi antiparassitaria».
Escluso il contagio all’uomo, il temuto salto di specie: «Il parassita può essere ospite anche dell’organismo umano. I più esposti sono anziani, bambini e soggetti immunodepressi», conclude Francioni, «tornando al cane ammalato è attualmente sottoposto alle terapie necessarie e pensiamo che guarirà».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi