La storia rivive a Longarone: omaggio del Fai nel 60° del Vajont
«Raccontiamo il vecchio paese e la ricostruzione»

/ LONGARONE
Un omaggio ai 60 anni del Vajont dalle giornate Fai di primavera. La delegazione bellunese, che compie 10 anni, ha scelto tre luoghi simbolo che raccontano memorie anche poco note.
«Abbiamo scelto», spiegano Adriano Barcelloni Corte e Simone Osta del Fai, «due luoghi della vecchia Longarone, ovvero i murazzi e il palazzo municipale Mazzolà, e uno che racconta la ricostruzione, cioè la chiesa. È una delle prime volte che, come Fai, abbiamo deciso di occuparci di architettura contemporanea. Siamo contenti di essere a Longarone per questa ricorrenza».

«Con questa iniziativa, abbiamo voluto mettere in luce aspetti inediti del nostro paese», spiegano gli assessori comunali Elena De Bona e il consigliere Anna Olivier, che si sono messe in gioco anche come narratrici, «quello che è sopravvissuto al Vajont e che non è solo legato alla tragedia, riportando alla luce una storia dalle grandi peculiarità ambientali e culturali che contiamo di valorizzare, in particolare con il luogo simbolo dei murazzi. Il nostro territorio ha molto da offrire e quindi abbiamo puntato a coinvolgere le realtà del territorio con l’iniziativa speciale dei musei aperti per far scoprire le nostre tradizioni».
Il pezzo forte e più apprezzato dal pubblico di queste giornate sono i murazzi, un’area che racconta la storia del paese e che normalmente non è accessibile. Si tratta di un luogo davvero poco conosciuto anche per le persone della zona, tanto da essere definiti “imponenti ma invisibili”.

I murazzi sono di fatto enormi terrazzamenti costruiti con blocchi di pietra nella parte alta del paese durante vari secoli e terminati all’inizio del 1800. Tra i promotori c’era la ricca famiglia nobiliare Sartori, che possedeva una villa con preziose scalinate e statue che però sono andate distrutte la notte del disastro del Vajont. «Colpisce il raffronto con la foto storica delle vecchie gradinate che campeggia sulle attuali scalinate», hanno detto i visitatori.
I murazzi sono stati costruiti per creare spazio agricolo altrimenti carente e dare la possibilità ai contadini longaronesi di coltivare e così salvarsi dopo un periodo di carestia. Sono anche una lungimirante opera di difesa del suolo dai crolli della montagna. «Sono rimasto colpito dalla maestosità della costruzione dei vari blocchi di pietra incastonati nella montagna con una perfetta tecnica del muraglione a secco applicata su spazi giganteschi», ha detto il trevigiano Claudio al termine della visita.
Sulla cima svetta l’asilo nido Lauro, anche questo all’avanguardia architettonica. Piccola chicca: la vista breve a un borgo di vecchie case molto suggestive vicino ai murazzi che testimoniano come doveva essere un tempo Longarone.
C’è poi Palazzo Mazzolà, ovvero l’attuale municipio di Longarone, realizzato nel 1700 e ricco di piccoli tesori d’arte in stile veneziano, a partire dalla pavimentazione. Lo scorcio che ha riscosso tanta curiosità è un poco noto giardino esterno con una statua mitologica in gesso dell’artista Urbano Nono. Altra curiosità per i visitatori: il municipio segna il confine tra vecchia e nuova Longarone: si nota all’occhio la differenza tra i vari edifici.
Infine la chiesa di Longarone, realizzata dal 1966 dall’architetto Michelucci. Unica nel suo genere per la forma ad anfiteatro, ricorda l’onda del 9 ottobre. Alcuni visitatori non sapevano dell’esistenza dell’anfiteatro superiore, dove sono rimasti colpiti dall’ottima acustica e dall’eco.
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