La storia e la cultura dei curdi

In un ricco volume le vicissitudini del martoriato popolo asiatico
Il nuovo libro dedicato al popolo curdo
Il nuovo libro dedicato al popolo curdo
A quasi due anni di distanza dal suo testo d'esordio «Armenia misteriosa», Azad Vartanian ritorna in questi giorni sugli scaffali delle librerie con un nuovo libro curato dalla casa editrice bellunese Nuovi Sentieri. Il titolo del volume è "Il soave suono del duduk": tra le sue pagine l'autore prende in esame storia, cultura e prospettive del popolo curdo.  Scrittore veneto con radici armene, Azad Vartanian ha dedicato le sue precedenti pubblicazioni alle vicissitudini ed ai luoghi del suo popolo d'origine, con particolare riferimento alla tragedia del genocidio armeno e alle testimonianze raccolte nella zona del monte Ararat.  Riservare un libro ai "Turchi della montagna", da questo punto di vista, rappresenta una scelta obbligata: i Curdi hanno condiviso infatti per secoli con gli Armeni le medesime terre, ed in qualche occasione anche il destino. Il duduk che compare nel titolo, strumento musicale popolare dell'Anatolia ricavato dal legno di albicocco selvatico, è dunque l'immagine più appropriata per rappresentare queste due storie che spesso si incrociano e talvolta si sovrappongono.  
Cosa ci racconta di questo nuovo progetto editoriale?  
«La scrittura di questo libro è stata più laboriosa rispetto ai precedenti», racconta Vartanian a proposito della sua ultima fatica: «Il testo contiene ad esempio alcuni racconti appresi dalla viva voce di abitanti del Kurdistan turco, dai quali si percepisce in modo piuttosto evidente una vicinanza alla cultura armena. In secondo luogo sono impegnativi i temi trattati, a causa della presenza nel testo di molti documenti riguardanti il periodo del genocidio».  
Quali sono in concreto i punti di contatto tra le due culture armena e curda?  
«Nonostante la distanza imposta dalle diverse religioni, ho riscontrato di persona che molte famiglie curde delle zone rurali hanno le proprie radici nei "salvataggi" messi in atto dai loro nonni per aiutare gli Armeni perseguitati. Certo, i sopravvissuti di quel tempo furono islamizzati, e la conversione forzata fu per molti il prezzo della salvezza. Alcuni tratti distintivi della civiltà armena emergono tuttavia in modo chiaro quando si entra in confidenza con gli attuali discendenti di quelle famiglie».  
Lei spesso sostiene che la questione curda rappresenta un problema aperto anche per l'Europa. Potrebbe spiegare meglio questa affermazione?
 «Pensare ai Curdi come ad una minoranza etnica è fondamentalmente sbagliato, poiché nonostante siano disseminati tra Turchia, Iraq, Siria e Iran si tratta comunque di una nazione che sfiora i quaranta milioni di individui. Qualora la Turchia dovesse in futuro avvicinarsi all'Europa con un percorso di riforme democratiche, questo progetto troverà sulla sua strada le giuste rivendicazioni dei Curdi».  
Nelle sue vesti di viaggiatore che frequenta il medio oriente ormai da dieci anni, quali sono le sue impressioni da "occidentale" in visita in quei luoghi?  
«Prendo spunto da una recente trasferta in Libano per un ciclo di conferenze per sottolineare come il miscuglio di razze e religioni sia effettivamente una realtà instabile che in molte occasioni finisce per scoppiare. Nel corso della mia visita tuttavia ho osservato un paese che è molto più libero e relativamente tranquillo rispetto alla versione che ci è stata raccontata dalla stampa in occasione dell'ultima crisi».  
Come verrà promosso "Il soave suono del duduk"?
 «Desidero intanto ringraziare l'amico Bepi Pellegrinon che ha realizzato questo testo nell'ambito del quarantesimo anniversario della sua casa editrice Nuovi Sentieri. Dopo una presentazione del 15 aprile al ristorante La Stanga di Sedico, il libro verrà pubblicizzato con una nuova serie di conferenze programmate nei prossimi mesi in Armenia e Libano. Una mostra itinerante sulla storia del monte Ararat verrà anche inaugurata già questa primavera presso l'isola di San Lazzaro a Venezia, ospitata dalla congregazione armena mechitarista».

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