La conquista dell'Ararat
Tutto è nato su Facebook grazie all'agordina Alice Prete

Una spedizione nata su Facebook, verso il monte Ararat, approdo dell'Arca di Noè secondo la Bibbia, e "luogo creato da Dio", come significa il suo nome in lingua armena. «Fare del buon alpinismo», spiega Lelio De Bernardin di Campolongo di Cadore», per noi non significa semplicemente scalare una montagna alta e difficile: crediamo che nell'ascesa di ogni vetta si debba soprattutto godere dell'opportunità di ritrovare se stessi, prima come uomini e poi come alpinisti». Così Lelio, che di lavoro fa l'operaio in una fabbrica di occhiali del suo paese, racconta la spedizione che lo ha visto protagonista in agosto con quattro amici conosciuti proprio in questa occasione.
«L'Ararat rappresentava un obiettivo ideale: una cima cioè degna di nota dal punto di vista alpinistico, perché sopra i 5.000 metri, e che presenta tutto il fascino dell'oriente e della vecchia Costantinopoli: una terra densa di arte, storia, cultura e di una religiosità intensa, ma mai troppo invadente. L'idea di unire tutti questi elementi in un unico viaggio ci sembrava impossibile, invece con questa spedizione abbiamo colto nel segno». La regista di tutta l'operazione è stata Alice Prete («ha pianificato ogni minimo dettaglio, fin dall'inverno»), componente dei Gir (Gruppo rocciatori agordini), che ha già scalato alcune cime sopra i 5.000 metri, tra cui l'Alpamayo (5.947 metri) e il Tocllaraju (6.034 metri) in Perù. «L'idea della spedizione l'ha avuta lei, discutendo con lo scrittore Tito De Luca del problema dei curdi e degli armeni, la popolazione massacrata nel 1915, che ancora oggi è alla ricerca del riconoscimento da parte del governo turco».
Tito De Luca, scrittore e alpinista bellunese, da anni si occupa del genocidio degli armeni ed è un esperto conoscitore del monte Ararat, del Piccolo Ararat e in generale dell'Anatolia turca, soprattutto della parte a nord, la zona presidiata dai terroristi del pkk. «De Luca da anni sale quel versante sia per seguire le ricerche dei resti dell'Arca di Noè, sia per mantenere i rapporti con la popolazione dei pastori locali. I suoi studi, noti a livello internazionale, curano gli aspetti della cultura, della tradizione e della religione curda e armena». Alice Prete, da anni amica di Tito De Luca, ha ideato dunque il programma di un viaggio che comprendesse l'ascesa all'Ararat, ma anche la scoperta delle cittadine locali e la visita alla città di Istanbul: il tutto in una manciata di giorni e tenendo sotto stretto controllo le spese. Con il fondamentale appoggio della guida locale Burhan Saltik, che ha facilitato e reso più agevole il soggiorno a Dogubayazit.
Il gruppo era formato da alpinisti con caratteristiche ed esperienze molto diverse: Francesca Zambelli è una sci alpinista oltre che una sky runner da podio. Monica Scussel, nel suo passato vanta la presenza come giocatrice di punta della squadra femminile di serie A di hockey su ghiaccio dell'Alleghe. Doriano Filippi è uno sciatore slalomista e si dedica come scalatore alle ripetizioni delle vie storiche e più note di tutto l'arco delle Dolomiti. Lelio De Bernardin, dopo aver salito diverse cime nelle Dolomiti, da qualche anno ha incentrato l'interesse sui 4.000 delle Alpi, cime salite sempre in cordata con l'amico Rolando De Zolt. «Non ci conoscevamo, ma si è formata davvero una bella compagnia di gente in gamba ed è stata una bella esperienza di vita in mezzo ai curdi, che ci hanno trattato molto bene. Per comprendere la loro ospitalità, mi piace ricordare che quando siamo arrivati al campo 1, nell'accampamento della famiglia della guida Burhan, hanno voluto sacrificare in nostro onore una pecora, segno di grande onore nei nostri confronti.
E hanno chiesto di sgozzarla ad Alice, quale capo della nostra spedizione. Lei ovviamente si è schermita, pur con la massima gentilezza, ma ha coraggiosamente assistito al sacrificio per dimostrare la nostra gratitudine». Ed ora uno sguardo al futuro: «Per me», spiega Lelio, «si è trattato della prima spedizione e devo dire che è stata una bella esperienza anche di vita, in mezzo a quella gente così buona e disponibile nei nostri confronti. Dopo questa interessante spedizione, l'intenzione sarebbe di ritornare da quelle parti, magari con gli sci d'alpinismo nella stagione invernale per salire con sci sull'Ararat oppure sul Damavan, un 5.600 metri in Iran, sempre con l'appoggio della guida Burhan. Per l'estate prossima ci piacerebbe addentrarci nel cuore dell'Africa e affrontare il Kilimangiaro, che rappresenta per tutti noi una forte attrattiva. Vedremo».
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