La comunità islamica bellunese tra integrazione e Ramadan
BELLUNO. Luogo di incontro, di comunità, di educazione alla cultura araba ma anche fulcro delle iniziative dedicate alla popolazione islamica residente in provincia di Belluno. Il centro culturale islamico Assalam, che si trova a Ponte nelle Alpi, dal 2009 è un punto di riferimento per i circa 500 musulmani che vivono ai piedi delle Dolomiti. Persone che ormai si sono ben integrate nella comunità bellunese, seguendo un semplice principio: «Se rispetti l’altro, sicuramente verrai rispettato», afferma il fondatore del centro Mohamed Meraga. «Rispetto ed educazione sono alla base di ogni convivenza, anche tra due culture diverse. E noi non abbiamo mai avuto problemi con i bellunesi. Forse all’inizio c’era un po’ di diffidenza, ma abbiamo cercato di farci conoscere promuovendo diverse attività, e sembra che ci siamo riusciti».
Cosa fa concretamente il centro Assalam?
«Facciamo incontri, ma anche attività sportiva, e c’è un’aula dove i bambini musulmani, ma anche gli adulti, imparano l’arabo ed elementi della nostra cultura. Per farci conoscere alla comunità bellunese organizziamo incontri e attività, come serate di cucina araba. Stiamo lavorando per cancellare il pregiudizio, cerchiamo di mostrare alla gente chi sono i musulmani per farci conoscere e capire».
Quando è nato il centro e come si è sviluppato?
«La sua storia è iniziata a Busche 8 anni fa. Poi ci siamo spostati a Santa Giustina e da due anni siamo a Ponte nelle Alpi. Anche le attività sono cresciute nel corso del tempo. Abbiamo dei buoni rapporti di collaborazione con gli altri centri islamici minori sparsi per la provincia, con le associazioni delle comunità di vari paesi islamici e con diverse realtà del mondo cattolico».
Il centro è anche luogo di preghiera per la comunità?
«Sì, ci ritroviamo a pregare. Anche a Lentiai e Santa Giustina ci sono due centri dove i musulmani si trovano».
Vi incontrate più spesso ora che è iniziato il Ramadan?
«In questo periodo preghiamo di più. Ci troviamo ogni sera alle 22 e ogni venerdì alle 12 per la preghiera sacra. Anche nel 27° giorno di Ramadan, che è il giorno sacro, si prega di più. Alla fine di questo periodo faremo la “Piccola festa”, per festeggiare la fine del digiuno (al Parco Lotto a Trichiana e a Feltre, ndr)».
È sufficiente il centro culturale, per incontrarvi e pregare, o sarebbe meglio avere una moschea?
«Per ora per la nostra comunità bastano i centri culturali. Non siamo una realtà molto grande, siamo circa 500 persone e ci basta poterci riunire in un posto come il centro».
Partecipano tutti al Ramadan?
«Sì, perché fa parte della nostra cultura. Possono non digiunare le donne incinta, chi allatta un neonato, o i malati cronici. Chi rimane qui (alcuni tornano a casa se hanno le ferie) partecipa al Ramadan».
Quest’anno sono molte le ore da trascorrere senza bere e mangiare.
«Ogni anno il Ramadan si anticipa di dieci giorni. Quest’anno il giorno sarà molto lungo, le ore di luce sono circa 15, quindi sarà impegnativo. Ma è la nostra fede, lo facciamo perché fa parte di noi».
Coinvolgerete nella preghiera e nelle vostre attività anche i profughi giunti dalla Libia lo scorso anno?
«Non ne sono rimasti di fede musulmana. Quelli che c’erano o sono andati via o sono stati trasferiti. Ma quando erano ancora ospitati qui organizzavamo per loro delle cene, ogni sabato».
L’integrazione è possibile tra culture diverse?
«Sì, basta che ci sia rispetto. Se tu rispetti l’altro, sicuramente verrai rispettato».
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