Infanzia in alpeggio: la prima mungitura a soli sei anni

«Sono il più vecchio malghese di tutti. Ho fatto 64 stagioni in malga». Mentre Loris Cadorin racconta con un certo orgoglio le sue numerose estati in alta quota – ne ha saltate solo due, e una per il servizio militare – la moglie sorride ironica, l’eroe della montagna, a pensare al marito piccolissimo tra i pastori.
«Sono andato su che avevo 5 mesi. A 6 anni si cominciava a mungere, e a mezzogiorno si portava il cibo ai pastori».
Agostino, il nonno di Loris, ai tempi della guerra commerciava bestiame, aveva la macelleria di Taibon e le malghe di passo Staulanza.
Nel ’52 il padre di Loris ha preso in gestione malga Rutorto, sotto il Pelmo, e ci è rimasto per 11 anni. È lì che Loris ha cominciato la sua vita di malgaro: «Una gran bella malga. Non c’era la luce, non c’era la strada: si saliva in un’ora di cammino, dal paese. Eppure si caricavano 140 vacche da latte. E si mungevano tutte a mano. Ci volevano fino a 10 operai, per fare tutto il lavoro».
Malga Boi Vescovà
Nel ’62 la famiglia Cadorin si è spostata da Rutorto a Boi Vescovà. E lì Loris è rimasto, da allora. Qualche anno dopo è venuta a passarci le estati la moglie, poi anche il figlio.
La malga ha una sala piccolina, è piena di persone. Accenti i più diversi, tanto romano, le vocali allungate dei trevisani. Senza sapere come chiederla, in tanti ordinano la brama con i mirtilli – una panna che sa di panna, un gusto anomalo. Qui, diete o non diete, lo yogurt non c’è: «Io lavoro ancora alla moda vecchia: faccio il formaggio con il fuoco, naturale. Niente fermenti. Le vacche mangiano solo erba dei pascoli, niente fieno, niente mangime, niente di niente. Non mi sono fatto il mini caseificio, sebbene avrei potuto: la malga è malga». I clienti affezionati chiamano fin dalla primavera, per farsi mettere da parte le forme. I nomi sono tutti segnati nel calendario, guai a dimenticarsene uno.
Da una quindicina d’anni malga Boi Vescovà è anche agriturismo: «A un certo punto il Comune di Alleghe ha messo a punto la cucina, io ho fatto il corso. Prima dell’agriturismo era diventato difficile andare avanti».
C’è chi sale fin qui per chiedere pasta alla bolognese o casunziei, non ci sono: «Non facciamo tante cose da mangiare. Polenta, luganega, formai, pastin. Gli gnocchi ingiazadi del supermercato non te li facciamo, qui. Offriamo solo quel che siamo in grado di fare noi. E il formaggio, quello lo sappiamo fare».
Malga Staulanza
A un paio di chilometri da Boi Vescovà, accoccolata su una curva in fondo al passo, sta malga Staulanza. La stalla è nuova di zecca – ricostruita dopo essere stata distrutta da una slavina grazie ai contributi comunitari e a un investimento della Regola di Borca.
Angelo Fiorot ha preso in gestione la malga 6 anni fa, un attimo dopo la slavina. Oggi è un viavai continuo di persone: «Appena apri, lavori senza sosta. Lavoravamo bene anche nella malga di prima, malga Garda. Però a Pian de Coltura ci veniva chi lo programmava, e nei giorni di pioggia si perdeva lavoro, qui che sia bello o che sia brutto fai il pieno tutti i giorni».
Angelo Fiorot è un altro ammalato di questo lavoro. Lui in malga c’è salito la prima volta a 11 anni. La mamma faceva la casalinga, il papà ha sempre lavorato da dipendente, chissà da dove gli è venuta la passione. Forse dalle 3 mucche che teneva la nonna? «Ho finito la 5 elementare, sono stato promosso. Il babbo mi ha chiesto che regalo volessi. Il regalo più grande, lasciarmi andare. Mi ha accompagnato al Mas, mi ha caricato su un camion di vacche. Ho fatto la mia prima stagione a Misurina, e da lì in poi Casera Razzo, Valles, Rolle… Poi mi sono messo per conto mio, ho costruito la stalla, ho preso in gestione malga Garda. Ci siamo rimasti 21 anni. D’inverno mi va bene tutto – ho fatto il giudice per le mostre di vacche, oggi lavoro in un macello – ma in primavera mi si deve lasciar andare, la malga chiama».
Appena sposata, la moglie di Angelo faceva la parrucchiera, poi è stata anni in Luxottica. Oggi gestisce la cucina di Staulanza – «pensare che quando ci siamo conosciuti non faceva nemmeno la pasta, oggi è bravissima» – e prepara di tutto, polenta e schiz, spezzatino, pastin e poi brasato, selvaggina, salumi, dipende. La sala di malga Staulanza è grande, in legno, ci sono anche i tavoli all’aperto. È un gran vociare di gente, un incrocio di automobili al parcheggio.
Alle pareti le foto della Desmontegada e i narcisi di malga Garda; nei pascoli le mucche, che stan fuori giorno e notte, e rientrano in stalla «giusto 2 ore la mattina e la sera, il tempo di mungerle e far mangiare loro un po’ di fieno, integratori e mangime e son di nuovo all’aperto». —
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