«In coda e subito bloccati per salire fino al Sorapis con le scarpe da tennis»

Fdm

la testimonianza

Di nuovo, l’assalto al Sorapis. In coda, con le scarpette da tennis, sul precipizio. Sei chilometri di salita che si coprono in un’ora e 45 minuti, mentre, in fila indiana, ci si mette un’ora in più.

È la disavventura che racconta Matteo Ceotto, di Conegliano, escursionista provetto. Arrivato in auto da Cortina, cerca parcheggio dopo il Tre Croci. Avanza a passo d’uomo per intercettare un buco ad oltre un km. «Nessun controllo, nessun divieto, mi trovo a sospirare».

Matteo è con la ragazza. S’incammina lungo il sentiero e trova il banchetto del supermercato di città, che raccoglie soldi per chissà quale organizzazione umanitaria.

Fa qualche centinaio di metri e trova il primo rallentamento. Sono le 10.30. A mezzogiorno e mezzo siamo in rifugio, assicura alla morosa. Ma, già a quell’ora incrocia numerosi escursionisti che rientrano. Strano. Prova a informarsi. «È impossibile procedere», gli rispondono. Non ci crede, va avanti. «Siamo già in fila quando mancano ancora 5 km». Il sentiero non dà problemi, ma più avanti comincia a salire.

I più hanno gli scarponcini. Intere famiglie, con bimbi e cane. Taluni con la mascherina, i più no. Il distanziamento? Ti puoi immaginare. Ma ecco che qualche ragazza rallenta più di altri. Matteo si avvicina e riscontra che ha le scarpe da passeggio. Nessun zaino, tanto meno la racchetta. C’è chi scende e bisogna fargli strada. La processione si ferma, dunque.

Siamo al senso unico alternato. Si sale ancora ed arrivano a tratti più esposti. Se scivoli vai giù. C’è un minimo di ferratina. Chi ha le scarpe da tennis si aggrappa. Ma vorrebbe agganciarsi anche chi scende, appunto per non rischiare di scivolare. La paura cattura gli improvvisati.

Matteo stesso si trova a dar la mano a parecchia gente. «Conosco bene il sentiero, l’ho fatto parecchie volte, anche nelle ultime estati, mai però mi sono trovato in una condizione come questa».

Ci sono numerosi stranieri. Pare essersi riversata mezza Europa sul “215”; effetto dei social? Quando mancano pochi minuti alle tre ore, finalmente l’arrivo. Il lago è straordinario, compensa ogni disagio. E, per fortuna, gli assembramenti sembrano scomparsi, quasi d’incanto.

Il pranzo, un giro intorno al lago turchino, e poi giù, verso valle. In fila indiana anche a scendere. Il motivo: continua la teoria di chi sale.

«Sono le 16 quando usciamo dal sentiero e a quell’ora ci sono intere famiglie che intraprendono la salita. Buona fortuna». —



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