Il villaggio Eni a Borca di Cadore, una singolare geografia d’Italia

Le schede personali di sessantamila bambini ritrovate nella colonia del Villaggio Corte: così le cartoline raccontano il passato

BORCA DI CADORE. Durante l’inverno l’Antelao concede poca luce, il sole si alza tardi e scende molto presto dietro al Pelmo. Ma d’estate è uno dei luoghi più illuminati delle Dolomiti, per questo fu scelto da Edoardo Gellner ed Enrico Mattei nonostante una certa riluttanza del territorio, che lo ha sempre considerato un costone a rischio rotolamento.

L’estate in colonia al Villaggio Eni fu per più di trent’anni, dal 1958 al 1991, una consuetudine per migliaia di famiglie italiane. L’attesa durava tutto l’anno, era l’equivalente alpino delle vacanze sulla Riviera adriatica.

Commuove dunque ritrovare nei sotterranei di questa “astronave” abbandonata che è l’imponente fabbricato della colonia, la straordinaria geografia d’Italia degli “eniani”, una popolazione di oltre 60 mila persone, passati di qui divisi in turni di 16 giorni per volta: i figli dei dipendenti dell’Eni sparsi per tutta la penisola. Gela, Priolo, Porto Torres, Manfredonia, Ferrandina, Napoli, Mantova, Ferrara, Ravenna, Marghera e naturalmente San Donato Milanese e Metanopoli, il cuore dell’Eni matteiana.

A togliere la polvere ci sta pensando il raffinato lavoro di Dolomiti Contemporanee, l’associazione di Gianluca D’Incà Levis che con Francesco Antoniol ha progettato un ciclopico lavoro di catalogazione e digitalizzazione.
«Questa colonia e il suo archivio sono un’autentica cava culturale» spiega D’Incà Levis.

 

 

«Noi la stiamo coltivando con passione e pazienza insieme alle residenze degli artisti che ci vengono a trovare, ai giovani che partecipano al progetto, agli studiosi che sono a noi vicini. Un prodigioso scrigno che contiene tesori sepolti e ancora inesplorati. Solo le schede degli eniani sono una geografia antropologica. È un altro passaggio importante nel percorso di valorizzazione che Dolomiti Contemporanee sta facendo dal 2014».

Sepolti negli scantinati, inumiditi e ingialliti dal tempo, sono saltati fuori anche i disegni originali di Gellner, la contabilità dei lavori, la corrispondenza, le note spese per la gestione del Villaggio Corte. Ma sono soprattutto le schede dei bambini a ispirare la tenerezza dell’infanzia al tempo della Ovomaltina e del formaggino Mio. La siciliana Alessandra Perez ha nove anni quando nel 1977 frequenta la colonia estiva di Borca. Mamma e papà consegnano agli assistenti un’annotazione: «Non può mangiare pesce».

E gli assistenti, dopo qualche giorno, riportano nella scheda personale: «Timida, molto attaccata ai genitori e spesso triste anche se si è inserita nella vita del gruppo». Nel modulo che registra anno, mese e turno di villeggiatura c’è il maniacale riscontro della contabilità: «Denaro del bambino avuto dalla famiglia: 3500 lire. Si restituiscono: 130 lire». Niente sfugge.

Nel luglio 1972 la piccola Susanna Bolognesi di Ravenna ha 10 anni e fa un’ottima impressione: «Bene inserita nel gruppo, tanto che ne è diventata il leader. Ben educata, anche se a volte fin troppo esuberante, partecipa con slancio a tutte le attività. Ottima collaboratrice, dotata di viva intelligenza».

Il 2 settembre 1975 il piccolo gruppo di femminucce “Le Tende”, età otto/nove anni, deve averla combinata grossa se l’assistente Rinalda Ferrario scrive: «Sosta al campo bandiera per punizione» e, dopo cena, annota un’assemblea «sul comportamento nei vari ambienti, che le bambine non hanno recepito. Di conseguenza stamane la loro condotta è stata tale da indurci ad adottare tale provvedimento».

La giornata del 7 settembre 1974 l’attività dei ragazzini di 13 anni e mezzo è così scandita: «Mattinata: gita alla Malga Chauta, campeggio, Vodo, Rifugio Forcella (bistecche alla griglia). Pomeriggio: da Rifugio Forcella a Malga Chauta, Cancia, Campeggio Eni. Sera: a nanna quelle che sono venute alla gita, le altre in palestra per torneo di pallavolo». I canti più gettonati in colonia sono “A Ram Sam Sam”, “Holirà” e l’intramontabile “Un ciodo dal fero vecio”.

Centinaia le cartoline mandate dai genitori ai figli in villeggiatura. Da Ravenna scrivono nell’agosto 1978 a Maria Cristina Manfredi: «Ciao Cristina, abbiamo ricevuto la tua graditissima lettera. Divertiti. Bacioni con tanto amore, tua mamy». Da Lerici per Antonella Militello, nel settembre 1978: «Spero ti stia divertendo ed abbia una buona compagnia. Noi qui ti invidiamo!! Beata te! Cerca di fare la brava. Ti mando un bacione. Papà».

Quasi militare l’organizzazione della giornata che si ricava dai fogli giornalieri. A turno i bambini erano tenuti a collaborare nella gestione delle oltre novecento persone che, contemporaneamente, risiedevano in colonia.

«La pattuglia di servizio deve: aiutare il personale della cucina durante la piccola colazione, il pranzo, la cena. In particolare riempire le brocche d’acqua ai tavoli, piegare i tovaglioli di carta e sistemarli dentro i bicchieri, preparare i piattini con la frutta (a mezzogiorno anche il dolce), regolare l’afflusso delle campeggiatrici nel locale refettorio, raccogliere i vassoi uniti, pulire tavoli e panche, asciugare, dopo il lavaggio, vassoi, piazzi e posate, spazzare pavimento mensa».

Provateci oggi, se ci riuscite.
 

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