«Il tribunale sta rischiando la paralisi»

Pavone è preoccupato: «Le inchieste sono veloci, ma ci sono 1.500 processi fermi e in attesa di essere fissati»
PASSERINI TREVISO INCONTRO CON IL MAGISRATO FRANCESCO SAVERIO PAVONE ALLE STEFANINI AGENZIA FOTOGRAFICA FOTOFILM
PASSERINI TREVISO INCONTRO CON IL MAGISRATO FRANCESCO SAVERIO PAVONE ALLE STEFANINI AGENZIA FOTOGRAFICA FOTOFILM

BELLUNO. Giustizia al rallentatore. La Procura lancia l’allarme paralisi e il rischio della prescrizione non solo delle contravvenzioni, ma anche dei reati più gravi. Il procuratore capo Francesco Saverio Pavone parla di una montagna (tra i 1.200 e i 1.500) di processi ancora fermi e in attesa di essere fissati. Tutta colpa dei problemi di organico insufficiente, sia tra i magistrati che tra il personale di carattere amministrativo. Per dirne una e basta, il sostituto procuratore Antonio Bianco sta vivendo i suoi ultimi dieci giorni, prima del trasferimento al Tribunale di sorveglianza e soltanto nel mese di dicembre sarà rimpiazzato da un collega di prima nomina.

Il sostituto di Bianco. Accanto a Pavone, rimangono al momento Roberta Gallego, Simone Marcon e Katjuscia D’Orlando: «Mi dispiace perdere un ottimo magistrato come Bianco, uno che in questi anni ha dato esempio di elevata professionalità, conducendo alcune delle inchieste più importanti. La nostra pianta organica prevederebbe sei magistrati e inevitabilmente il nostro ufficio andrà in sofferenza, almeno fino a quando non ci sarà questo nuovo arrivo. Ne mancano due, in realtà».

Una città poco appetibile. Non ci sarà una processione di candidati. Nessuna graduatoria chilometrica da spulciare: «Quello che può scoraggiare gli aspiranti è l’isolamento di Belluno, rispetto ad altre città, anche solo del Veneto. Rimane un posto interessante, però non può avere lo stesso richiamo di altri centri, anche solo come vita sociale. Parlo anche soltanto del quotidiano».

Indagini corte, tempi lunghi. Il procuratore capo non ha nulla da rimproverare alla sua squadra, semmai si lamenta del tempo che può passare anche solo per arrivare all’udienza preliminare: «Le indagini durano al massimo tre o quattro mesi, il problema nasce dopo la richiesta di rinvio a giudizio. Può passare molto tempo, per non parlare poi del processo vero e proprio. Il rischio è quello che le multe vadano in prescrizione, con il risultato che si preferisca non pagarle, tanto difficilmente si arriverà alla fine. Ma anche i reati di una gravità superiore corrono il pericolo di diventare inutili, anche se ci sarebbero davanti sette anni e mezzo di pena. L’altro contrattempo riguarda, in particolare, noi magistrati: quando uno se ne va, il carico di lavoro va a pesare sugli altri. Un conto è conoscere i processi e sapere sempre di cosa si sta parlando, un altro doversi studiare i fascicoli, dalla prima all’ultima pagina. Il periodo si dilata per forza, con conseguenze del tutto ovvie».

Tribunale sotto organico. Arriveranno un paio di lavoratori amministrativi, ma rischiano di non essere una medicina definitiva: «Il presidente Sergio Trentanovi ha firmato il registro delle udienze per tutto il 2015, ma rimane un numero altissimo di processi, che sono fermi e non hanno ancora avuto una data d’inizio. La cifra è compresa tra i 1.200 e i 1.500 e sono veramente tanti. Un processo dovrebbe durare una media di tre anni, ma non si arriva mai in fondo così velocemente e si parla soltanto del primo grado di giudizio. Ce ne sono tre ed è facile immaginare quanto possa durare un singolo procedimento, se si vuole arrivare fino alla Cassazione».

Un collo di bottiglia. Non ci sono chissà quali sbocchi, insomma, e non si coinvolgono gli avvocati, che pure possono contribuire a velocizzare le procedure: «Arrivi a un certo punto che c’è una strozzatura tale da mettere in pericolo efficienza e funzionalità».

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