Il Soccorso alpino chiede fondi stabili

BELLUNO. Qualcuno li chiama angeli. Loro preferiscono soccorritori. Non hanno le ali, non sono divini, sono “solo” uomini e donne che da anni (60, per la precisione) operano in montagna per aiutare chi si trova in difficoltà. Valligiani, inizialmente, poi i turisti che sempre più numerosi hanno cominciato a frequentare le montagne.
«Oggi non ci sono realtà in grado di fare quel che fa il Soccorso alpino», ha detto il Governatore del Veneto, Luca Zaia, durante la conferenza stampa nella quale il Cnsas ha fatto il punto sui suoi primi 60 anni di attività. «La Regione è vicina al Soccorso alpino perché non è immaginabile pensare che non esista più un giorno. Anzi, sono convinto che serva una legge ad hoc per il Cnsas».
Un Corpo, quello del Soccorso alpino, «fatto di uomini e donne che spesso mettono a repentaglio la loro vita per salvare quella di chi, con idiozia, va in montagna con le infradito come se fosse sul bagnasciuga». Certo, non sono tutti così, ma le cronache dei giornali ne raccontano spesso, di incidenti dovuti a inesperienza, disattenzione, imprudenza.
Parlando proprio di interventi, negli ultimi cinque anni (2009-2013) l'esercito dei volontari (sono 734 nel Veneto) ha effettuato quasi 4000 missioni di soccorso (3985 per la precisione), prestando aiuto a 4.504 persone. Di queste, 1.699 erano illese, 2.547 ferite, 256 morte. Tre i dispersi, uno ritrovato. Gli interventi hanno impiegato 20.192 volontari, in 1.497 casi è stato necessario l'uso dell'elicottero (soprattutto quello del Suem 118, usato 1.449 volte). «Numeri importanti, che testimoniano l'attività del Soccorso alpino», ha spiegato il delegato provinciale del Cnsas Dolomiti bellunese, Fabio “Rufus” Bristot.
Oggi il Soccorso alpino è una realtà strutturata e specializzata, alla quale i volontari accedono dopo un corso di formazione lungo e particolareggiato: ci sono almeno tre anni di ambientamento nella stazione scelta per avvicinarsi al livello base, che dura dodici giorni e consente di imparare a gestire le situazioni più comuni in cui operano i tecnici del Cnsas. Superati i sette passaggi del corso base, si può accedere al livello superiore, quello di tecnico di soccorso alpino. Altri 14 giorni di lezioni e si accede ai livelli specialistici. L'attività di formazione è costosa e il Soccorso alpino chiede supporto: «A noi basta la gratitudine delle persone, ma per andare avanti servono risorse», ha puntualizzato il presidente regionale, Rodolfo Selenati: «Servono per formazione e per le assicurazioni».
Zaia ieri ha garantito che la Regione c'è e che non farà mancare il suo appoggio. Intanto proprio in Regione si continua a lavorare per modificare la legge 33/2007, che suddivide i fondi destinati al Soccorso alpino in spese correnti (600 mila euro all'anno) e spese per investimenti (altri 400 mila euro). Ma questa norma ha creato disagi, «tanto che sono stati erogati, in media, nei sei anni trascorsi da quando è entrata in vigore, solo 200 mila euro all'anno», ha puntualizzato Bristot. Le modifiche porteranno la legge a diventare il testo più evoluto del panorama normativo di riferimento del Cnsas. Ad esempio si chiede di riconoscere i servizi di elisoccorso, già ora normati a livello locale, c'è un richiamo esplicito ad alcune forme di finanziamento obbligatorie per il mantenimento della struttura e per la tutela dei diritti degli operatori e il ruolo del Cnsas viene tripartito in base a specifiche di legge e know how. Sarebbe, per il Soccorso alpino, la stabilizzazione dovuta, dopo 60 anni di storia e di servizio.
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